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duchessa di milano 71

cosa, se li era fatto nemico. Il perchè, anche con participazione di costui, Ludovico (il Moro) al septimo dil mese, lassato lo exercito in custodia del Sanseverino, venne a Milano e per la via del Giardino entrò in castello». E così il principal avversario del governo era di bel nuovo in casa, nè il vaticinio del Simonetta, che tosto disse a Bona: Io perderò il capo e voi lo stato, tardò ad avverarsi. L’11 di novembre venne egli arrestato col figlio Antonio, il fratello Giovanni ed altri suoi amici, che innalzati da lui nelle cariche, sempre l’avevano risguardato quale lor capo ed oracolo. Mandato a Pavia fu sul principio con riguardo trattenuto dal Moro, ma poi nell’ottobre 1480 dovette lasciare il capo sul palco, dietro ordine di quell’istessa duchessa ornai impotente a salvarlo. In tal modo, come acconciamente avverte il conte Sclopis, «Se ultimo premio al suo servire fu la morte procacciatagli per le arti inique di Lodovico il Moro e del condottiero Roberto (S. Severino) per essa almeno gli fu tolto il dolore di mirare atterrata la dominazione dei suoi principi, e l’Italia divenuta campo aperto alle ire di Francia e Spagna»1.

Ma intanto la sorte di Bona e de’ suoi aderenti precipitava a gran passi, nè il Tassino, che avea soppiantato il Simonetta, potè a lungo godere del suo trionfo. La sua famigliarità con Bona l’aveva reso insolente, e spesse volte, come scrive il Corio, «a la camera andandovi Ludovico il Moro con gli altri primati di Stato, supportava che spectassino infino che era pettenato».

Infine nel giorno stesso sette ottobre 1481, in cui Ludovico fece dichiarar maggiore il nipote Giovanni Maria Galeazzo, pretendendo (onde escludere affatto da ogni negozio la Bona) che, sebbene sol tredicenne dovesse governare, il Tassino col padre suo Gabriele consigliere ducale, venne chiuso nel castello di Porta Zobia, e quindi

  1. Lettera all’abate Cazzera, pag. 24.