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60 delle antiche relazioni

ridurli ne’ loro antichi confini. Da ultimo fu letta la lettera del pontefice, e la sua autorevole voce e le preghiere dell’esarca presente a quella seduta, mossero i Veneziani a tentare il riacquisto di Ravenna. E per potere più facilmente strapparla agli artigli dei barbari, propongono di condurre segretamente l’impresa.

Ammonito dagli avveduti Veneziani, l’esarca si parte, e levando alte grida contro ai disleali isolani che non l’hanno ascoltato e villanamente cacciato va in Imola dove raguna tutto l’esercito imperiale, tutti gli approvvigionamenti, tutti gli ingegni da guerra per riprendere Ravenna. [Il Doge Orso riprende Ravenna.]In questo il doge Orso apparecchia a battaglia ottanta navi di cui venti erano assai grandi, e un giorno, levatosi dopo il mezzodì un prospero vento, fa vela da Venezia, dicendo d’andare in aiuto dell’imperatore contro i Saraceni. E discendendo per l’Adriatico, come giunse dirimpetto a Ravenna, si fermò col naviglio in alto mare aspettando l’aurora. L’esarca era intanto venuto da Imola con tutti i suoi ria sotto la città, ed essendo ormai giorno, il doge con certi fuochi gli annunziò dall’acque di Classe che l’armata veneta era giunta e pronta all’assalto. L’esarca, veduti que’ fuochi, con altri simiglianti significò al doge che egli era li presso con tutto l’esercito.

Impensato, gagliardo, clamoroso, fu l’assalto degli imperiali. Destati alle loro grida Ildebrando e Perendeo, corrono alle mura e le afforzano di soldati come possono per la pochezza del tempo e per lo sgomento che già avea invaso i Longobardi. E mentre li è tutto lo sforzo della difesa, il doge Orso giunto al lido, ha già fatto discendere i suoi dalle navi, e forzata la porta della città dal Iato di mare, entra in Ravenna con saldissima e serrata schiera d’armati.

Accorrono i Longobardi e gagliardamente contrastano il passo; ma poi ch’ebbero lungamente combattuto corpo a corpo con grande strage, scorati dal vedere che i cittadini corsi alle armi davano loro addosso insieme ai Greci ed ai Veneziani, cedettero poco a poco Ildebrando fu fatto prigioniero dal doge; Perendeo sottrattosi alla mischia, cercò salute nella fuga, ma raggiunto fu morto nelle pinete.

Il doge, restituito Ildebrando al re de’ Longobardi, Ravenna all’impero, l’esarca alla sua sede, ebbe dall’imperatore il titolo d’Ipato ovvero di Console (nome di vano uficio nella corte imperiale),