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340 | annunzi bibliografici |
Appartengono queste due relazioni alla storia delle questioni in materia di lingua; e mostrano il progresso che, almeno in questa parte, s’è fatto; perchè le dottrine dell’Accademia son difese con temperanza di forma e con quella urbanità che rispetta gli avversari pur combattendoli. E la difesa dell’Accademia contro le accuse antiche che ognora si rinnovano, è fatta colla dignità di chi ha la coscienza d’attendere a un lavoro utile e decoroso alla nazione. Si può non essere in tutto del parere dell’illustre Segretario: ma è pur forza convenire che le idee sono la conseguenza di studi e di meditazioni che ne richiedono altrettanti per contrapporglisi. Senza rettoricumi, senza quel fastidioso sfarzo accademico che fu un tempo di moda, senza le declamazioni che possono strappare un applauso sul momento, l’autore sa trattenere piacevolmente l’uditorio sopra argomenti che non per tutti hanno attrattiva, e il piacere procurato nel farsi ascoltare colla viva voce continuarlo nella lettura: arte difficile e non comune, che tanto è più bella, lo ripeto, per la eletta semplicità, e per il fare disinvolto e quasi direi casalingo, che mostra come certi modi usuali, saputi adoperare, si convengono alle scritture più gravi, nella maniera che i più insigni scrittori hanno saputo trovare facilità e vivezza trattando materie difficilissime e meno alla portata della comune intelligenza.
Nella commemorazione degli accademici defunti troviamo nomi che la storia politica e letteraria de’ tempi nostri dovrà ricordare, come l’ultimo granduca di Toscana, Leopoldo II, ascritto all’Accademia per benemeranze verso gli studi e Amedeo Peyron: vi troviamo i nomi di due uomini modesti, Giovanni Masselli e Giovanbattista Piccioli, l’uno meglio conosciuto per le note al Vasari, l’altro non da altri rammentato, e forse non lo sarà più, poichè volle piuttosto saper per sè che far vedere che e come sapeva. Principalmente mi piace notare la commemorazione di Brunone Bianchi, predecessore dell’autore nel Segretariato della Crusca; che per l’ingegno vivacissimo, per la molta e svariata dottrina, per una singolare felicità di stile avrebbe potuto primeggiare fra gli scrittori del secolo nostro, se oltre al commento dantesco, alle relazioni accademiche e a brevi scritture, avesse voluto attendere a qualche lavoro di lena.
G.