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50 delle antiche relazioni

Le risposte di Belisario, comunque fossero, furono tali che gli aprirono le porte della metropoli nella quale entrava negli ultimi giorni dell’anno 539. Era con esso Procopio storico, il quale ci ricorda il fremito elio lo prese allo scorgere appena aperte quelle porte così lungamente vigilate, la moltitudine de’ guerrieri barbari, fra i quali s’avanzava l’oste greca, e riferisce aver veduto perfino le donne ridere delle piccole persone dei Romani e sputare in faccia ai codardi mariti.

E Belisario che dal desiderio che avevano di pace aveva forse creduto i Goti pochi ed affievoliti, come si vide ne’ giorni appresso sempre cinto di barbari armati, e che tra la moltitudine di questi i suoi Greci tuttoché vincitori s’andavano aggirando pavidi e rari, temette forte una sommossa, e per sgomberare la città, die licenza a tutti que’ Goti che il volessero, d’andare e di trattenersi nelle terre loro onde vedere e riparare i danni della guerra.

Così procacciando che non insorgessero novità a turbare il frutto della vittoria Belisario rimaneva in Ravenna tutto l’inverno fra il 539 e il 540, e riceveva e riteneva presso di so i capi e gli ottimati delle città della Venezia che aveano seguite le parti dei Goti; ma non trovandosi fra queste mentovata quella città dei Marittimi che ancora non avea nome speciale, e che poscia fu chiamata Venezia, è nuovo argomento per credere che i Veneti alleati ed aiutatori di Belisario fossero i progenitori dei Veneziani accorsi con le loro navicelle dalle isole fra Malamocco e Rialto.

[Governo Greco, Giustiniano e Teodora secondo Procopio ed i musaici di S. Vitale.] Nella primavera dell’anno 540, Belisario fece vela per Costantinopoli, e due papiri scritti in Ravenna, l’uno il 3 di gennaio, l’altro il 21 marzo di quel medesimo anno, attentano il queto vivere che v’era ed il temperato governo che ne fecenota. Lui partito, l’Italia fu ordinata a reggimento militare e con esso ridotta a miserabilissimo stato. La storia segreta di Procopio può appagare pienamente chi è vago di conoscere le calamità ed i lamenti degli Italiani, poichè ebbero sperimentato per alcun tempo il governo dì quel Giustiniano «nel quale niun pensiero fu mai di conservare le cose stabilite, sempre cercava cose nuove, e dirò tutto in una parola, era suo

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  1. Ved. Marini, Nota 45 al Papiro num. 11, pag. 341.