Pagina:Archivio storico italiano, serie 3, volume 12 (1870).djvu/501


società colombaria fiorentina 207

altre che non riescono a spendersi per quel che valgono. E alla fortuna, per il solito, se ne dà colpa.

Fu di questi Giovambatista Uccelli, collega nostro urbano; e poniamo ch’egli avesse ragione di dolersi un poco della fortuna, perchè nato di buona famiglia, e circondato d’agiati parenti, dovè campare la vita per sè e per la sua tenera famiglinola lavorando di penna umilmente. Alle scuole di San Giovannino fece tutti gli studi; dopo aver languito ne’ primi anni tra malattie e grammatiche. Il Basettini lo destò alla poesia; il Gatteschi lo invogliò della storia: ma nel Tanzini gli parve di trovare ogni cosa. Ed era ingegno versatile quel Padre Numa; forse per ciò meno adatto a guidare altri ingegni. Si direbbe che il nostro Giovambatista pigliasse a scimmiarlo. A diciassett’anni abbozza una commedia, e pone in tragedia Corso Donati; si fissa su certa tromba che doveva tirar su acqua senza stantuffo, e d’altre macchinette fantastica per mesi: bada alla chimica; va a notomia; disegna all’Accademia sotto il buono e bravo Calendi. Là trova un francese e due inglesi, che ripetono l’insulto famoso alla terra de’ morti, negli anni che il Gioberti ricordava all’Italia il Primato: ed egli improvvisa l’Italia rivendicata; la legge a que’ giovanotti, che fanno una colletta, e si stampa. A spese de’ compagni stampò anche una Cantata all’Italia nel memorabile anno 47; e non eran parole: che venuta la guerra, e non potendo per amor della madre, che aveva solo lui, prender l’armi, ammalò. Carlo Milanesi, ispettore delle scuole accademiche, scorse questo giovinetto nella baraonda, e prese a volergli bene: l’Abate Zannoni, vedendolo assiduo nella Riccardiana, l’aiutò: e questi miei cari amici lo fecero conoscere a me nel 56. Aveva stampato, oltre quell’orazione e que’ versi, un volgarizzamento del Bellum Senense di Pietro Angelo Bargeo; ma egli stesso non ne parlava ormai più. Tutto era nel raccogliere notizie per una compiuta illustrazione di Firenze ne’ suoi Monumenti, sotto forma di Dizionario: e vi lavorò molt’anni con una costanza da meritare altro premio. Il suo Programma, che prometteva l’opera in dieci volumi, fu accolto da pochi veramente nobili cittadini; ch’egli cercava patroni più che associati: e tutte le sue fatiche rimasero in molte migliaia di schede, tranne alcuni capitoli sulla Firenze antica, che dovevano servire d’introduzione all’opera maggiore dei Monumenti. Nel 67 tentò se almeno questa parte trovasse un editore; e fu un altro disinganno. Lo trovò per le Memorie storiche di Bientina e del suo Lago; operetta giovanile, a lui cara: chè di là era la madre sua, là fanciullo passava tra i pescatori gli autunni, là trovava le memorie d’un primo affetto innocente. Ma condotta la stampa a due quinti, lo stampatore gli fallì, e appena potè ricu-