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con affetto quasi materno, essendochè il benemerito direttore e i più operosi collaboratori le appartengano. Ora di tre altri sigilli venne a parlarci il nostro collega nell’ultima adunanza1; e poichè presto vedranno anch’essi la luce, basterà qui ricordare che due appartennero a un Gabriello di Fosdinovo e a un Francesco di Tresana; il terzo fu d’Iacopo re d’Aragona, e pende tuttavia da un diploma del 1327, confermante ai Malaspina quei diritti, che in mezzo alle fazioni volevano essere raccomandati così all’Impero come alla Chiesa.

E quest’adunanza degli 8 di maggio 1870 vi ricordo, Signori, con particolare compiacimento; perchè, dismessa pur una volta quella solennità della lezione, tornaste alla buona usanza de’ primi Colombari che, conversando più che ascoltando, si comunicavano le loro erudizioni, i cimelii, i nuovi documenti, le recenti indagini, le stesse lettere de’ lontani colleghi; mentre uno di loro sovra un quaderno così alla buona registrava un po’ d’ogni cosa, lasciando agli avvenire un tesoro di cognizioni in quegli Annali che vorrebbero esser più noti. Eravamo pochi pur troppo (e quando non siamo noi pochi?); ma dalla breve illustrazione di que’ sigilli Malaspina cominciò una conversazione, che di Lunigiana ci portò in Lombardia; da’ guelfi e’ ghibellini azzuffati tra loro, a’ Francesi e Italiani combattenti l’Austriaco; dai suggelli de’ Marchesi, a’ sigilli scritti in tre lingue e trovati fra l’ossame degli ottomila sepolti nelle settecencinquanta fosse di Solferino e di San Martino: nè al vederne l’impronte, che il Branchi ci mostrava, mancò la lode e il compianto pe’ caduti nelle patrie battaglie.

Lo storico della Lunigiana darà, spero, una modesta pagina alla memoria d’un nostro collega, il consigliere Girolamo Gargiolli, nato in Fivizzano quattranni prima che finisse il secolo XVIII, morto il 4 giugno dell’anno decorso in Firenze. Trovandolo ascritto alla Colombaria fino dal 1834, io credo che il nostro diploma gli arrivasse accettissimo, quasi approvazione mandatagli da uomini autorevoli, a lui appena noto fra’ suoi monti, per quel Calendario Lunese, che in quello stesso anno cominciò a vedere la luce. E lo credo, perchè ripenso a quello che provai io medesimo quando, per un altro Calendario, mi voleste onorare dello stesso diploma. Nè vi sarà chi dica che plaudendo a que’ libercoli la Colombaria s’abbassò. Parlo francamente del Calendario Pratese, perchè mia ne fu poco più che l’idea; mentre al Gargiolli va tutto il merito de’ tre Lunesi. Ma chi lodava quell’operetta fu savio, vedendo più là del titolo; il quale non trattenne il Tommaseo da

  1. Tornata degli 8 di maggio 1870.