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società ligure di storia patria 191

Circa poi alle cose tipografiche, più documenti in proposito veniano comunicati dai socii Alizeri, Merli e Belgrano. Il quale inoltre leggendo alcune Notizie di Giuseppe Pavoni, notava come questi fosse introdotto in Genova nel 1598 da Antonio Roccatagliata cancelliere ed annalista della Repubblica, e come entrambi vi esercitassero congiuntamente la tipografia, con privilegio di privativa del senato. Di questo privilegio poi, dopo la morte del Roccatagliata (1608) era sollecito il Pavoni a chiedere per sè solo la rinnovazione; ed ottenutala con limitazione a tutto il 1620, due anni prima che spirasse il termine, proponea di bel nuovo alla Repubblica le proprie istunze che gli fruttavano la conferma della concessione per un altro decennio. Presentavano però, benché vanamente, al Senato vivissime opposizioni alcuni tipografi genovesi; e lamentavano le tristi conseguenze a cui siffatte privative li aveano esposti. Imperocchè Marc’Antonio Belloni erasi veduto costretto a trasferire le suo stampe da Genova a Carmagnola; Domenico Roncagliolo aveva emigrato a Napoli; Simone Molinari si era ritirato in Loano (feudo dei principi D’Oria) e Giovanni Maria Valeriana si riduceva a stampare carte da giuoco. Sorgeano pure di que’ giorni le tipogratie clandestine; alle quali accennando il socio Belgrano, dicea delle pene comminate dalla Signoria nello intendimento di farle cessare.

Facendoci ora agli studi che hanno tratto alla storia delle belle arti, ricorderemo dapprima quelli dell’avv. Enrico Lodovico Bensa, con titolo di Cenni sull’architettura in Liguria nel medio evo, di una parte de’ quali diede lettura in più sedute. Descritte le condizioni di quell’arte alla caduta dell’impero occidentale, notava le tre forme che allora sorsero nuove: la bisantina, la romanica, la lombarda; e detto come a quest’ultima spettino alcuni de’ più antichi edificii sacri di Genova, passava a ragionare delle torri di San Cosma, San Donato e Santa Maria delle Vigne. Descriveva per sommi capi le due porte laterali del Duomo di San Lorenzo, e più lungamente ragionava del suo prospetto inferiore, riguardo al quale pareagli non dover seguitare la comune sentenza che lo fa risalire al secolo XI. In questa opinione non consentiva però il cav. Alizeri; mentre il Bensa pigliava in apposita Memoria a sostenerla. Limitava questi le decorazioni esterne e l’architettura interiore tra la fine del secolo XIII ed i principii del XIV; accennava all’incendio del 1296 che distrusse il tetto, la tribuna e le navate, nè sapeva persuadersi che rimanessero illesi gli ornamenti della porta maggiore, l’unica a suo avviso che fosse allora praticata ne! prospetto dello edificio. Osservava la somiglianza dei lavori di commesso che qui si vedono con quelli di alcuni monumenti toscani del secolo XIII, e confrontava gli avanzi della costruzione indub-