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rassegna bibliografica 173

dovrà ella mostrare di tener quel conto che conviene di un cardinale e principe della qualità sua. Dall’altro canto, in certe massime che gli saranno state insinuate dal duca suo padre e dal conte di Verrua che avrà appresso, bisognerà ch’Ella, senza mostrar con essi di riprovarle, in sostanza non le favorisca, non le promuova, appresso S. M. e ministri V. S. è prudente; e saprà molto bene per sè stessa come s’avrà da governare: solo le dirò, che mostri di avere avuto ordine di servire il signor cardinale»1. E in altra che si referiva ai doveri di sudditanza rispetto all’imperatore: «Per servizio dell’imperatore, vuole Sua Santità che V. S. faccia costì tutti gli ufficii che potrà;.... che questa causa, oltre il rispetto della santa fede cattolica, è comune a tutti i re della cristianità, per essere di pessimo esempio che i sudditi ardiscano di privare de facto i loro re e legittimi signori dei regni, e farsi i re a loro modo»2. Per la quale politica d’astensione, Roma neppure voleva la protezione degli insorti di Valtellina contro il dominio de’ Grigioni, che pure Francia e Venezia consigliavano; e scrivendone il Segretario di Stato al Nunzio a Parigi, si esprimeva: «Sua Santità è risolutissima di non volersene ingerire, per molti rispetti»3. E poi, come s’è detto, la lettera 2457, del 2 agosto 1620, basta a chiarire tutta la politica internazionale di Roma. E, terminando, a provare come le questioni d’ordine intellettivo, s’affaccino molto di lontano avanti che entrino nel campo della discussione clamorosa; s’aggiungerà che sino da quei primi anni dei secolo XVII, si vede nelle lettere del cardinal Bentivoglio come la questione dell’Immacolata s’agitasse nello stesso tempo che quella della infallibilità del papa4.


Bartolommeo Aquarone.          




  1. Lett. 859.
  2. Lett. 2136.
  3. Lett. 2461, dell’8 agosto 1620.
  4. Vedi, tra parecchie altre, la lettera 2390, del 5 luglio 1620.