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156 | rassegna bibliografica |
«pubbliche e le più cospicue tra le private, le pubbliche biblioteche e le case signorili, spendendo le lire dugenquaranta richieste a tale raccolta, vorranno, speriamo, non permettere che soli gli stranieri se ne vantino promotori. Se non si dimostra conoscente l’Italia di quel che fu, viene a fare troppo trista confessione di quel ch’ell’è, troppo cattivo augurio di quel che sarà».
I. Del Lungo.
(Vedi Dispensa precedente, pag. 166).
I Veneti, frattanto, prima ancora dell’arrivo in corte del Contarini, fortemente si dolevano del contegno degli Spagnoli. Essendo corsa parola di S. M. Cattolica, che, durante la trattazione di pace fra loro e il re di Boemia, sarebbero state sospese le ostilità d’ogni genere, in terra come per mare; ed accadendo ora, sul finir dell’ottobre 1617, che il duca d’Ossuna mandasse alcuni suoi galeoni nel porto di Brindisi sull’Adriatico; i Veneti ne levavano gli alti clamori quasi di ostilità aggressiva; pretendendo essi, come si sa, ab antico, all’assoluto dominio dell’intero golfo. S’aggiungeva a ciò, pochi giorni dipoi, una aggressione degli Spagnoli su quel di Crema; del quale ultimo fatto, in ispecie, come meglio determinato, l’ambasciatore Bon - tuttavia in Parigi - faceva un grandissimo romore1. La materia era dunque bell’e preparata; e di ciò appunto il Contarini aveva a discorrere nella sua prima udienza col Re. E il Nunzio così
- ↑ Lett. 758, del 22 novembre.