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cinquanta d’oro; de’quali debba assegnarne ragione al caraarlengo di Gabella, et esso sia tenuto et possa pagarli.

Non possine dare tracia di legname senza licentia delli assegnitori; et la Gabella d’esso legname sia del Comune di Siena.

Anco, che gli ufficiali del biado sieno tenuti dare a’ detti conductori del grano àranno o anno a Talamone, diece moggia per quello costo viene al Comune; et ch’e’ denari li debbino avere dal camarlengo di Gabella, et porli a loro ragione, et a lui stare contenti1.

Anco, se avenisse che ’l porto tornasse a Talamone, che la cabella torni al Comune di Siena; sì et impertanto ch’e’ nostri signori Priori ristorino e’ decti conductori di quella parte de la cabella non avessero colta.

Anco, che ’l castellano et ’l capitano sia scripto per nome et sopranome per li notari di Cabella; e ch’essi allogatori possine riméttarli come sarà di loro piacere.

Anco, che ’l Comune di Talamone arechi il cero al modo usato, et essi sieno tenuti per loro2.

Et intendasi ogni statuto et ordine fusse facto rivocato, che contra le predette cose dicesse; et maximamente a quello de le cabelle Queste sono le ricolte dànno:3 misser ser Nicholò di Petro Malavolti; Biagio di misser Tofo; Nofrio d’Agnolo Ugolini; Poppo di Mengo; Agnolo di Iacomo Baldiccioni; Nicolò di misser Nastoccio; Guccio di Nicholò Saracini; Filippo di misser Conte Scotti; Francesco d’Arrigo Ragnoni; Vanni di Biado di Geri; Pietro d’Agnolo lanaiuolo.

(Consiglio della Campana, n. 200, C. 55 t.)               



  1. Che noi diremmo, ed a lui farne quietanza.
  2. Il cero che le terre dello Stato offerivano all’Opera di Santa Maria il 13 d’agosto di ogni anno. Per loro, cioè pel Comune o per gli uomini di Talamone.
  3. Le rivolte, cioè i mallevadori: parola del dialetto senese, che in quel tempo si usò frequentemente anche per malleveria.