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i porti della maremma senese | 67 |
imminente ruina delle città libere di Toscana. Ma gli imperiali che volevano ad ogni costo che Siena si dichiarasse in favor loro, la ricercarono d’aiuto, chiedendole uomini ed artiglierie. Al governo della repubblica era gente deditissima alla libertà della patria, ma incapace a prendere un’ardita risoluzione ed a prevedere le conseguenze funeste di un mal consigliato partito. Esitarono i Signori di Balìa alcuni giorni, essendochè non mancassero per parte de’ Fiorentini sollecitazioni a conchiudere una lega, che manifestamente sarebbe tornata utile ad ambedue le città confederate. Gli agenti cesarei n’ebbero indizio, e l’ambasciatore senese presso il vicerè di Napoli dovette rappresentargli, che quella lega non avrebbe avuto altro effetto che di obbligare i Fiorentini a non prestare aiuto ai fuorusciti senesi, e che ciò non ostante la città sarebbe rimasta nella devozione di Cesare1. Ma il governo, fatto debole dalle continue rivoluzioni, si lasciò vincere dalla paura di inimicarsi l’imperatore, e dismesso ogni pensiero di lega co’ Fiorentini, fornì di poca artiglieria l’esercito che assediava Firenze2. Venticinque anni dopo i Senesi dovettero cancellare con gli esigli e col sangue questa loro gravissima colpa.
Taceremo dei tumulti e delle turbolenze che porsero occasione a Cesare di lasciare nella città un presidio spagnuolo, causa poi di altri rivolgimenti e di altre sommosse: gli odi implacabili tra i Riformatori e i Noveschi affrettavano la rovina della repubblica. Questa
- ↑ Lettera precitata del Tantucci alla Balìa. Appare da questa lettera che gl’imperiali tenevano già per loro soggetti i Senesi; imperciocchè nel Consiglio tenuto a Napoli presso il vicerè su quest’argomento della lega tra Fiorentini e Senesi, fu deliberato che la lega potesse conchiudorsi «sempre reservata la clausula mille volte replicata, scilicet salva voluntate Caesaris et suorum agentium». Eppure tutto questo non bastò ad aprire gli occhi ai Senesi per tempo.
- ↑ Prometteva di restituire le artiglierie che fossero imprestate al Principe d’Orange, e nell’Archivio senese ne rimane tuttora la dichiarazione da quel principe sottoscritta il di 26 agosto 629. Il principe voleva anche soccorso di gente, ma i Senesi se ne scusavano con mille pretesti, non volendo forse aggiungere errore ad errore.