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i porti della maremma senese |
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tefice. Alla caduta di Talamone si aggiunse in breve quella d’Orbetello e di Port’Ercole, e quelle terre non potevano venire in mano di avversario peggiore. La Signoria fece comandamento a tutte le sue genti di maremma, si raccogliessero verso que’ luoghi, studiandosi con ogni industria e adoperandosi con ogni vigore di ricuperarli; ma fu tutto inutile allora1. La perdita dei Porti e di altre terre della maremma, il timore di nuove sciagure, cui mal potevasi riparare per gli animi discordi dei cittadini, il difetto della pecunia pubblica crescente ogni giorno, ci sono narrali con parole dogliose ed inconsolabili nelle varie lettere scritte in que’ giorni dalla repubblica a’ suoi oratori ed a’ suoi amici. «Noi di qua ci troviamo in continui travagli, scriveva la Balìa al duca di Bourbon il 30 agosto 1527, per esserci le cose nostre depredate da le potenzio inimiche: pure attendiamo a la defensione di esse con ogni diligenzia a noi possibile»2. E nel medesimo giorno scrivendone a Giovan Batista Peloro, aggiungeva: «Le cose nostre di qua se retrovano ne le solite angustie et gravi molestie che di continuo ne fanno li iniqui adversari nostri, quali mai hanno cessato de infestar ora una terra, ora un’altra, maxime in la maremma, dove tengono ancora le terre nostre, cioè Talamone, Portercole, et Orbetello»3. Ma l’usurpazione di Talamone e d’Orbetello poco durò; chè i fanti della repubblica, scalate furtivamente le mura, aggredirono la guardia del papa in Orbetello e la fecero prigione; ed il presidio che il Doria aveva lasciato in Talamone, fu combattuto e vinto dai terrazzani, che spontanei tornarono alla obbedienza della repubblica. Rimaneva a riacquistarsi Port’Ercole; ma il papa, più forse che il Doria, sdegnato degli ultimi avvenimenti, faceva guardare quel porto con assai diligenza. I Senesi, che non .
- ↑ Collegio di Balìa, Deliberazioni, n. 80, c. 82 e altrove.
- ↑ Collegio di Balia, Copialeltere, d. 237.
- ↑ Ivi