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156 rassegna bibliografica

gnor d’Emery, di famiglia lucchese, nato in Lione, traricchito nei traffichi e nei fallimenti, già tesoriere delle argenterie del re, poi suo rappresentante in Piemonte. Fu detto l’uomo più corrotto del secolo; avea coscienza «che si atterriva di nulla», perspicacia diabolica, gentilezza di modi non dati da natura né imparati dalla cuna, e che perciò spesso dimenticava, e quando gli si contraddiceva ed egli incolleriva, l’antico fraudolento banchiere sopraffaceva il nuovo gentiluomo raffazzonato.

Altra natura da quella di Maurizio, altra mente, altro braccio era in Tommaso di Carignano. Uomo di guerra, soldato a tutta prova, pratico dei negozi, accurato e nei disegni riflessivo. Da parecchi anni comandava nelle Fiandre gli Spagnoli, or con buona ed or con mediocre fortuna; cocevagli vedere lo Stato del padre suo e de’ nipoti a così mal partito, premevagli porre argine al prepotere dei Francesi. Avea consigliato alla Reggente di non legarsi le mani, di valersi dell’aiuto e dell’autorità di Maurizio; ed a Maurizio raccomandava prudenza e arrendevolezza. Finché furono in vita i due figli di Vittorio Amedeo I stette osservando e ammonendo; ma quando alla morte del fanciullo, Francesco Giacinto, vennesi in timore che Carlo Emanuele II di poco più di quattro anni e malaticcio dovesse anch’egii finire di corto, procedette animoso e risoluto. Indovinò o seppe essersi gl’intendimenti di Francia dai nuovi eventi modificati. Richelieu infatti avea scritto: «Se muore Carlo Emanuele, la Duchessa Reggente ritenga l’autorità, e si faccia passare la successione al trono nelle figliuole. La principessa Margherita sarà maritata al Delfino di Francia; non guastare l’ineguaglianza dell’età; perchè i matrimoni dei re si fanno per ragione di Stato; la principessa, appena spirato il fratello, parta per Francia e sia quivi educata». Per le quali cose tutte Tommaso accordatosi a Madrid e a Milano, nel 1639 lasciò le Fiandre col seguito di tre sole persone e nome finto; il 10 marzo era in Lombardia. Lo ritraeva poc’anzi il pennello di Antonio Van-Dich, la cui maravigliosa tavola adorna la pinacoteca di Torino. Tommaso vi appare sopra focoso destriero uscente da maestoso portico. Sotto la sua mano (mi varrò in parte delle parole di Roberto d’Azeglio) il generoso animale erge