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rassegna bibliografica 153

gratitudine gli è dovuta dell’aver tolto il marchesato di Saluzzo a Francia, colle armi dapprima, in ultimo morcè la cessione della pingue provincia della Bressa oltromonte; finalmente glorioso gli sarà in ogni tempo l’essersi con Enrico IV sollevato al nobile pensiero di levar la penisola dalla signoria spagnuola. Il pugnale di un assassino troncò i disegni dèl Bearnese, dissipò quelli del Savojardo; il quale rimasto solo, sostenne solo le armi di quel reame su cui non tramontava il sole. Coronato di quest’alloro, a cui pensando anche oggidi l’animo si esalta, avrebbe dovuto il prode ritirarsi nella sua tenda, rimarginare le cicatrici aperte, aspettare le occasioni, non ricercarle inquieto e suscitarle. Non posò, non attese, gittossi a destra, gittossi a sinistra, talvolta più capitano di ventura che vecchio principe di vecchio sangue. Fu amato e seguìto dal popolo e perciò il più degli storici l’assolvono con indulgenza soverchia. Il popolo piemontese amava e seguiva un principe valoroso e degno; ma il principe avrebbe dovuto meglio rispettarne, risparmiando dissennate prove, la provata devozione; il che facendo avrebbe dimostrato di pregiarla e saperla ricambiare; seguendo altra via, mal ne incolse a lui e al suo paese: mori lasciando Savoia in mano di Francia, Piemonte a mercede delle soldatesche spagnole, imperiali e francesi; col flagello della peste e della fame per giunta.

In tal condizione, e regnando in Francia il cardinale di Richelieu, Vittorio Amedeo I ereditava la corona. La narrazione del sig. Ricotti prende di qui le mosse, e ci fa assistere ai negoziati incontanente introdotti per conseguire una pace divenuta necessaria e di necessitcà gravosa. Infatti il trattato di Cherasco del 1631 introduceva i Francesi in Pinerolo, riapriva le porte della penisola state chiuse col sacrificio di una ricca provincia transalpina. Ottenne compensi territoriali nel Monferrato; ma quand’anche fossero stati maggiori, non poteano compensare la cessione di Pinerolo che poneva al Duca un freno in bocca, allo Stato un dardo nei fianchi. Non fu sua la colpa; scontò le colpe paterne. Allora soprammontò la primazia francese, durata per tutto il secolo, insino a che Vittorio Amedeo II nuovamente e terminativamente se ne disciolse. Nel 1635 il Duca, per volere di Richelieu, entrò in