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rassegna bibliografica 141

«che sino dalla fine del secolo xii si fece uso in quel regno di carta carbasina»1. Ma il Gloria dimostra, con efficace argomentazione, come non abbiano alcun valore le citazioni di documenti scritti su tale materia, anteriormente alla seconda metà del secolo xiii: dice che i più antichi, accertati, appartengono agli ultimi anni del secolo stesso, e sono italiani; riferisce che intorno a codest’epoca, o poco innanzi, si ha certa memoria dell’esistenza d’una fabbrica di carta in Fabriano, alla quale tennero dietro quelle di Padova e di Treviso; e conclude: «Dunque la carta di lino fu inventata in Italia, forse in Fabriano stesso, ove fabbricavasi nella seconda metà del secolo xiii; divenne comune nell’Italia al principio del secolo xiv, e poscia tra le altre nazioni» (pag. 377-78).


IV.


L’ultimo dei caratteri generali che la paleografia prende a studiare nei documenti è, secondo il metodo del Gloria, la lingua nella quale sono scritti, non che il loro stile e la loro ortografia. L’autore tratta quest’argomento nel doppio aspetto filologico e diplomatico, e pone per principio che «dagli antichi linguaggi nazionali sensibilmente alterati, ma non mai affatto distrutti, dalla corruzione della lingua latina e dalla stessa lingua de’ barbari, scaturirono a poco a poco le odierne lingue nazionali» (pag. 387). Viene poi a fare la storia, come e quando le lingue volgari s’introducessero negli atti diplomatici presso le varie nazioni europee: dalla quale rassegna apparisce che i primi ad adottare l’idioma nazionale, a preferenza del latino, furono i Greci e gli Anglosassoni, nei secoli vii e viii; mentre questo si mantenne più tenacemente in Italia, dove si hanno accenni della nuova lingua anche in documenti antichissimi, ma non si conosce verun atto diplomatico prettamente volgare anteriore al secolo xiii. (pag. 388-393.)


  1. Miscell. Milanesi, xxvii, a c. 473 t.