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III.


Le materie soggettive della scrittura sono svariatissime; ma non tutte, come benissimo osservava Carlo Milanesi, sono materie diplomatiche. Un libro di paleografia e diplomatica deve trattare specialmente di quelle sulle quali sono scritti i monumenti che si conservano negli archivi e nelle biblioteche: dell’altre, toccare brevissimamente, per notizia storica, e non più. Cosi saviamente ha fatto il signor Gloria, riunendo in un solo paragrafo la trattazione di ciò che spetta a marmi, pietre, legno, corteccie e foglie, metalli, avorio, vetri, terracotta, cera, gesso, tele; e discorrendo poi separatamente della pergamena, del papiro e della carta di cotone e di lino. Delle materie discorse nel primo paragrafo, quella di cui gli archivi e le biblioteche conservano più recenti monumenti è la cera; «la quale come materia scrittoria, non fu smessa del tutto che nel secolo xiv, quando è stata scoperta la carta di lino» (pag. 368). Così rettamente il signor Gloria, d’accordo con i moderni paleografi, rifiuta la vecchia opinione che l’uso della cera cessasse non più tardi del secolo viii; e ne adduce in prova un documento del 1307, inciso dai Benedettini: al quale si possono aggiungere i due ragguardevoli dell’Archivio centrale di Firenze; uno dei quali è il registro delle spese fatte da Filippo il Bello e dalla regina di Navarra nel loro viaggio in Fiandra, dal 28 aprile al 28 ottobre 1301; e l’altro consiste in sei tavolette, frammento d’un libro d’appunti d’un mercante fiorentino, di scrittura minutissima e difficile, tra il secolo xiv e il xv1.

I documenti diplomatici scritti in papiro che tuttora si conservano, risalgono a maggiore antichità dì quelli in pergamena: non così è accaduto dei codici, dei quali ben pochi ne rimangono, e non più antichi del secolo v, mentre si conservano codici scritti su membrana del secolo iii (pag. 370, 373).

  1. Furono pubblicate e illustrate nell’Arch. Stor. Ital., Serie I, Appendice, tom. III, pag. 523 e segg.