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rassegna bibliografica 133

riferire gli assennati argomenti del Vailly, quali li trascriveva nel suo corso Carlo Milanesi: «In sostanza la scrittura mista del periodo gotico ritrae dalla corsiva per la forma delle lettere a, h, d, f, h, l ed s, e della minuscola per la regolarità dei caratteri e la mancanza dei ligamenti. Sarebbesi potuto assegnare all’uno o all’altro genere, e darle per esempio il nome di corsiva distinta, nel modo stesso che s’è trovato nelle carte del primo periodo una scrittura, che a rigore costituirebbe un genere particolare, e che, nonpertanto, abbiamo considerata come una specie di minuscola. Ma la minuscola dei diplomi differisce da quella dei manoscritti per lo sviluppo delle aste e dei tratti eccedenti; essa vi si ricongiunge però essenzialmente e per la forma delle lettere e per la mancanza delle legature; mentre la scrittura mista del periodo gotico tiene alla minuscola ed alla corsiva per correlazioni medesimamente essenziali»1.

Esaminata la scrittura nei suoi caratteri generali, la progressione del discorso ci porta alle abbreviature. E noterò anzi tutto che non posso consentire nell’ordine tenuto dal signor Gloria, di discorrere prima di queste, e poi delle varie forme delle scritture medievali; imperocchè il fondamento del saper leggere è il conoscere in primo luogo gli elementi che costituiscono una parola scritta; poi viene lo studio delle loro combinazioni, delle difficoltà grafiche, de’ segni convenzionali. Credo che le abbreviature si potrebbero dividere in due grandi classi: una, delle parole che sono scemate di alcuni elementi; l’altra, di quelle che li serbano tutti, ma ristretti e confusi tra loro: si comprendono nella prima, le sigle, le note tironiane, le abbreviature per sospensione, per contrazione, e per segni o per lettere abbreviative; e nella seconda, le lettere congiunte, incor])orate e intrecciate, e i monogrammi. Potrebbesi anche approssimativamente (non però con rigore di definizione) denominare la prima classe, delle abbreviature fatte per risparmio di tempo; e la seconda, di quelle fatte per risparmio di spazio. Vuolsi peraltro osservare che queste ultime da alcuni paleografi non si considerano come vere e proprie abbreviature,

  1. Miscell. Milanesi, xxvi, 504.