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i porti della maremma senese 103

Per effetto di una deliberazione del Consiglio generale della Campana gli officiali delle gabelle del vino e dei terratici compilarono nel 1430 l’inventario di tutte le possessioni che la repubblica aveva nella città, nel dominio. Troviamo perciò in questo libro accuratamente descritti i beni immobili del Comune nel castello e nella corte di Talamone, ed i poderi spettanti alla chiesa di quel castello. Erano in Talamone venticinque case di proprietà della repubblica, una delle quali in su la piazza l’abitava il podestà della terra. Vi possedeva un magazzino grande, verso la marina, per tenere mercanzie, una cisterna, un botteghino ed un forno. Spettavano pure al Comune molti poderi nella corte di Talamone, parte dei quali erano lavorati, parte boschivi; e si desiderava «che chi ne lavora, gli lavorasse per lo modo sono scritti (cioè, confinati), et none sciegliesse el tereno buono, e ’l gattivo lassasse». Fu altresì da questi officiali trovato «che nel castello di Talamone erano molte piazze et voto da farvi de le case, et facendovisene in poco tempo sarebe quella terra bene abitata di famiglie vi tornarebbono». Trovarono «più orti fatti per quelli terrieri presso al pozo et a le muricia et in lo padule»; e «nel piano di Talamone vechio essarsi fatte vignie in buona quantità condecenti et buone». Ne passarono dimenticate «nel piano di Talamone vechio due grandi tombe, le quali per antico pare fussero conserve d’aqua», e noi le ricordammo nel primo capitolo di questa narrazione1.

Ma più di tutto questo è notevole, che nel 1436 i Catalani dimoranti in Pisa rinnovarono coi Senesi la convenzione per trasferire un’altra volta il loro commercio da quella città al porto di Talamone. Le cagioni se ne ignorano, ne possono indovinarsi nemmeno dalla lettura del testo della nuova convenzione. I Catalani mandarono a Siena come ambasciatori per condurre a buon esito que-

  1. Inventario di tutti i beni immobili posseduti dal Comune nell’anno 1430, c. 113-128.