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i porti della maremma senese 99

Al commercio di Talamone questi avvenimenti furonoesiziali, nè mai forse quel Porto era caduto in tanta miseria. E quasi che i mali di una occupazione violenta e di un assalto sanguinoso fossero pochi, altre cagioni di danno si aggiunsero per fatto dei Genovesi, che in quella usurpazione non avevano avuto la minor parte. Sdegnati della perdita di Talamone e della pertinacia dei Senesi

    armata di sette navi e molte galere, sopra le quali a favor suo era gran parte della nobiltà di Francia; e costeggiando i liti di Toscana per prender porto, l’armata dei Genovesi l’aspettò fra l’isola di Capraia e la Gorgona; e havendolo con molto vantaggio assalito, lo roppe e la maggior parte di que legni mise in fondo. Il re scampato con quattordici galere venne per rinfrescarsi a Talamone, e per difetto di vettovaglie non fu ricevuto. Le galere dei Genovesi arrivate a Talamone, e trovato partito il re non lo seguirono, ma si posero a combattere quella terra; e rotto il muro in tre luoghi, alla Fontaccia, a S. Lucia, e al Magazzino, e arsa la porta sanese entrarono dentro, e assediarono la rôcca. Arcolano Cimatore che v’era castellano, richiesto di consegnare quella fortezza, s’obbligò a lassarla a’ Genovesi, se in termine di sette giorni da Siena non fusse venuto il soccorso, e subito di suo stato diede conto al capitano di popolo, per ordine del quale Spinello Piccolomini capitano della maremma si mosse al soccorso del castellano con 400 cavalli di quelli del re Luigi, e con 200 cavalli di Sforza, seguitati da molta fantaria comandata da Favolo Laudi, e da messer Cione Montanini antico soldato. Arrivati costoro a Talamone per mezzo di uno Lappolino, che per li scogli verso il mare entrò nella rôcca, avvisarono il castellano, che valorosamente attendesse a difendersi, perciochè il soccorso veniva gagliardo. Ma egli diffidandosi o come fu creduto, ribellandosi, gittata a terra la bandiera de’ Sanesi, alzò nella cima del mastio lo stendardo del re Ladislao; onde i Sanesi stanchi dal combattere, morti e feriti molti di loro, conosciuta la perfidia, per allora abbandonarono l’impresa, e ritiraronsi a Grosseto. I Genovesi posti 300 fanti a guardia di Talamone, coll’armata andarono verso Piombino. La perdita di quel porto turbò gravemente l’animo della Signoria, perciocché i Sanesi havevano assicuralo ivi le mercanzie de’ Catelani, e per mantenimento della fede publica convenne rifar que danni che costarono alla publica Camera quindici mila fiorini. Scrissero a’ Genovesi ridolendosi, e domandando che Talamone li fusse restituito; ma havendo essi risposto, che lo renderebbono, sempre che i Sanesi partendosi da la compagnia de’ Fiorentini, si collegassero con loro, e con il re Ladislao.

    «I Sanesi, usati a non comprar amicizie e a non romper la fede, dopo quattro mesi mandarono messer Tommaso della Gazzaia col capitano di maremma con i descritti di Campagnatico e d’altre terre di loro dominio, li quali intendendosi con alcuni terrazzani, furono di notte introdotti in Talamone. Così prese e uccise le guardie, e spezzata la Porta Sanese, entrò tutta la gente e assediò la rôcca. Ma i castellani in pochi giorni presi 4500 fiorini, se n’uscirono salvi, ed i Sanesi con certi patti, per più anni a’ mercanti caldani affiliarono quel porto». (Libro III, col. 522, in R. Arch. di St. in Siena).