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III. Questa varietà di natura, e tanto vezzo di cielo, e tante rade e seni opportunissimi al comunicarsi della civiltà; e la con figurazione al prosperare delle industrie ed a’ loro baratti adattissima; e de’ minerali la varia qualità; e tanti agi del vivere; e città per la corruttela degli uomini o de’ tempi sepolte, od obliate fra gli scopeti e le macie; e luoghi già popolosi e fiorenti, or da pochi poveri abitati; e avanzi di templi vetusti; e le spiagge portuose, dalle quali una volta salpavano forse cento navigli, ed ora appena qual che feluca o barca peschereccia; e memorie di genti qua venute a far lavacro del loro sangue non meno che di quello dei natii; e l’avervi tenuto imperio e scuola i Magnogreci, per filosofia e prudenza di stato preclari; e i nomi di vecchi e nuovi martiri dati alla libertà e alla scienza; e l’ingegno e fortezza della stirpe che vi ha domicilio, la quale nell’operoso silenzio forse anch’essa della speranza rifà le ali; e, per di più, il solito retaggio delle glorie non discompagnate dalle sventure, già ti avvertono che non infima parte d’Italia è cotesta, e crescer ti senti, non che l’affetto, la voglia di studiarla e conoscerla. Se non che il cuore e la volontà ti cascano franti sulle ginocchia, pensando come tanta benedizione di natura sia aduggiata da tanta maledizione di pubblici lutti.

IV. Sotto il nome di Calabria gli antichi non comprendevano ve ramente quel che noi oggi vi comprendiamo. Calabria chiamavano

    feraces campi, ubi cernere est simul et mirari quarn grandet segetet, novales et campi ipsi roscidi emittent. Montes in eis sunt frugiferi, et aprici, pinguesque; colles frugibus, vilibus, arboribusque, impendio apli, ac benigno ventorum afflatui expositi, valles amenai opaca nemora singulari quadam voluptale conferla.... pascud pabulaque florentissima teneris herbis floribusque viventia, perennibus rivis irrigata.... — Barrio, De antiq. et situ Calabria, lib. I, cap. XXI.

           «— dell’Italia quella che avanza ogni oondilione di terra credo che fosse la provincia di Calabria. Perchè quanto di buono si produce in tutta Italia per uso di sè stessa, in maggior copia si produce in Calabria per uso di sè medesima e di tutta Italia; che per ciò i nostri antichi la chiamavano Calabria, da calo e brio, che vuol dire di buono esubero et abbondo — Marafioti, Cron. et antich. di Calabria, lib. V, cap. I.

           E il Pontano in libro astrorum soggiunge:

    Et tellus late ingenti circumdata Sila
    Dives agri, dives pecoris, longe optima nutrix
    Lenacœ vitis, ditique argentea gleba,
    Clarorum inventrix studwrum, alque nuli divis,
    Magna l’iris, magna ingeniis, alque urbibus ingens.