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42 | storia |
di mare si può dire discosta dall’Africa, tanti correndone tra il capo Lilibeo e il Bon. Ed anche le plutoniche isole dell’arcipelago Eolio, Salina, Vulcana, Stromboli, Villamica, Astica, e, maggiore di tutte, Lipari, levando da mezzo al mare il capo, lei da non lungi salutano, e quasi le stendono sorellevolmente la mano.
È traversata, per tutta la sua lunghezza, dalla catena serpentino-calcare degli Appennini, somiglianti ad una spina dorsale, sopra cui evidenti tu ravvisi le impronte di vulcani già estinti, oltre le alterazioni apportate dagl’interrimenti, e le reliquie lasciatevi dalle varie età geologiche. La quale catena, alto levandosi verso la plaga di settentrione, e precisamente a quattr’ore da Cosenza, forma quella regione montuosa, ch’è detta la Sila1, nelle cui forre, non altrimenti che sulle vette alpine, quasi perenni durano le nevi, e dove rigogliosa cresce la foresta e gran copia pini, faggi, aceri, tigli, cerri, orni, abeti; poi, assottigliandosi presso Nicastro, fra le sorgenti del Lamato e del Corace, si sparte in col line ed alture, a mo’di terrazze onde si prospetta il paese; e per la costa d’oriente, correndo sino all’estremo confine meridionale, s’estolle nella giogaia dell’Aspromonte, che, come il nome suona, aspri soffia i venti, e verni mena gelati.
Scendono da cotesti monti, per non iscabrosi giri, diversi fiumi: il Lamato ed il Corace già detti, ed il Crati, il Neto, il Savu-
- ↑ Già maravigliosa ancora agli antichi. Virgilio ne accenna l’immensa foresta che estendevasi per settecento e più stadi. — Aen. XII.
fatto Dolomieu, Mem. su’ tremuoti della Sicilia. E il Cluverio raccolse i passi di antichi che lo attestano. Citeremo quelli di Virgilio e d’Ovidio:
Haec loca, vi quondam et vasta convulsa ruina
(Tantum ævi longinqua valet mutare vetustas)
Dissiluisse ferunt: cum protinus utraque tellus
Una ferunt, venit medio vi pontus, et undis
Hesperium Siculo latus abscidit, arvaque et urbes
Litore deductas angusto interluit æstu. — Aen., III, VI 4.
...Zancle quoque iuncta fuisse
Dicitur Italia, donec confiniu pontus
Abstulit, et media tellurem repulit unda. — Metam., XV, 290.
Ma testè De Buch, confrontando i monti Peloritani con quelli della vicina Calabria, e precisamente col gruppo dell’Aspromonte, negava che questa sia mai stata unita alla Sicilia. Tal’opinione aveano già mossa innanzi il Brocchi nella Bibl. Ital. e Gemellaro nelle Effemeridi scient. e lett. della Sicilia.