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dell’anno 1377 9

gine d’amore e di odio. Colui, dunque, il quale bramasse di conoscere la ragione e il torto di questa briga, potrebbe, per mio avviso, pienamente soddisfarsi colla lettura della Storia del Poggio, che ebbe, mercè il suo ufficio di cancelliere della Repubblica, ogni acconcio di rifrustarne gli opportuni documenti, quando già vecchio e ben conoscente degli uomini e delle cose, prese a scriverla dall’anno 1350 al 1455, o sia dalla prima guerra contro l’arcivescovo Visconti sino alla pace di Napoli. E qui mi sia permesso di dire, che i Fiorentini non possono rifiutare la parte che loro tocca nella gravosa taccia, di che alcuni scrittori di oltremonte incolparono sovente tutti gli Italiani, quando li dissero o ignari, o poco delle proprie cose curanti, vedendo la ingrata e lunga dimenticanza, in cui fu lasciata questa stupenda opera di un loro concittadino, la quale non vide la luce prima del 1715, e per fatto di un Veneziano. Ma nonostante, essendo essa latina, non molti allora poterono, e pochissimi possono leggerla oggi che lo studio di quella lingua è sì trascurato, da riconoscersi perfino necessario di volgarizzare a piè di pagina le frasi e i passi latini di che i nostri autori hanno talvolta intarsiato i loro scritti, siccome ha fatto il signor Gussalli editore di tutte l’opere del Giordani. A questo proposito peraltro avvertirò, essere desiderabile che questi passi vengano tradotti e non traditi. E per dichiarare ciò che intendo dire, addurrò un esempio del medesimo signor Gussalli, il quale coll’elegante volgarizzamento dell’Odoadro Stuart di Giulio Cordara ha dato troppo a conoscere quanto senta innanzi in fatto di lingua latina, perchè non possa supporsi in me il pensiero che il tradurre da questo idioma, sia materia disuguale alle sue forze. Egli dunque a pag. 317 dell’XI Tomo, stampa una fierissima lettera del Giordani indirizzata a lui medesimo, nella quale quel cruccioso, raccontando la morte del Sartorio, si serve di queste espressioni: lo sbirraccio infame cadde trafitto; absolvitque deos, e l’editore traduce: e si morì. Io non credo abbiavi chi conosca alcun poco di belle lettere, e ignori la sublime invettiva necrologica fatta contro Rufino da Claudiano, il quale comincia dal professare di aver dubitato della Provvidenza, mirandosi intorno tanti furfanti vivere lieti ed essere innalzati ai primi impieghi, fra i quali andava innanzi a tutti il predetto Rufino, che a così grande autorità e potenza accese nella corte di Teodosio; ma visto poi quest’imperial favorito cader miseramente trafitto presso Costantinopoli ai 27 novembre del 395 (come appunto il Giordani avea veduto a Parma cadere il Sartorio ai 19 gennajo del 1834), si ricrede, absolvitque deos, cioè assolve, o sia dichiara innocenti gli dei dalla taccia d’iniquità, riconoscendo che nell’abisso dei loro consigli lo lasciarono così salire, perchè desse un tomo più solenne ed esemplare. Comunque ciò siasi, ripeto che la interessantissima Storia del Poggio sarebbe gustata da ben pochi nel suo originale, nè a