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LETTERA SECONDA.


Caro Bodio,

Venezia, 26 agosto 1876.


DUNQUE anche questa volta sarà una lettera, perchè la fretta del tempo e dell’animo non mi consentono pazienza di numeri. Vero, che a questi di corre un mal andazzo di lettere, tanto che anche codesta maniera spreparata e sbrigativa di scrivere è divenuta una tranelleria. E deve esser così. Chi parla breve e in iscorcio par che non possa dir tutto o non voglia.

Lascia poi fare al diavolo, nostro segretario generale, ad aiutare co’ suoi sottintesi le reticenze dello scrittore e le glosse dei lettori.

Ad ogni modo, anche a rischio d’inciampare in commenti serpentosi, non posso scrivervi che una lettera; e, che è peggio, non ho manco agio di rileggerla. Voi vi siete ostinato a volerla; pigliatela dunque quale m’esce di penna, a pezzi e bocconi, sbrandellata e vagabonda come la mia vita in questi mesi di correrie. Duolmi solo, che per aspettarmi abbiate lasciato invecchiare la roba, che già vi era stata ammanita, bella e fresca, fino dal luglio. Ma non pensate. Giugneremo ancora in tempo, chi abbia tempo e voglia di badarci. Siamo alle vacanze. I lettori corrono alle scampagnate e gli scrittori ai Congressi: indulgenza plenaria.

Al peggio andare ripagheremo gli indugi pubblicando subito il terzo volume, che omai è presto.