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212 | F. Nitti |
nuncio una boza di capituli che più volte et sponte li erano stati largamente offerti da l’altro re, et con missione al predccto nuncio che quando trovassi che il Christianissimo fusse in quelle fede et in quella observantia che dimostrava, et che volessi fare questo anno la impresa di Milano, li aprissi et comunicassi lo animo suo dandoli tucto in secreto sotto pena di excomunicatione, et così a la matre et a dui altri de sui confidenti, [et Sua Maestà lo acceptò.et cosi tucti li altri; la quale1] in questo caso usò duo termini inconvenienti et fuori d’ogni ragione divina et humana. L’uno fu le parole che usò et le condictioni che epsa volea insolentissime et superbissime; l’altro che scripse qui tucto quello che dal nuncio li era suto proposto et dato in secreto sotto pena di censure, et non lo scripse solo a uno, ma insieme al reverendissimo cardinale di S. Severino et a li dui oratori sui, scrivendo anchora parole poco condecenti.
Nostro Signore, benché ne pigliassi alteratione grandissima, andava temporeggiando, attribuendo tutto a la gioventù sua, et a lo essere nuovo a la corona, et benché restassi ingannato et deluso de la opinione et speranza, et che vedessi la lor diffidentia et occultarsi la impresa che per li effecti si vedea manifesta, di nuovo, come fa chi ama, fu un’altra volta a li giorni passati frustrato del concepto suo, et de la fede del Christianissimo; perché credendo si fussi adveduto de lo errore suo per nuove offerte che faceva, mandò in Francia un’altra forma di capituli, li quali in nessun modo potea a dovea recusare. Fra li quali era che Parma et Piacenza restassi a la Chiesa, tanto che dessino una ricompensa che piacessi a Sua Santità, et che facessi pace o almeno tregua per qualche anno con questi altri principi per potere attendere a la sancta impresa contro a li infedeli, et che non potessi fare là impresa del regno di Napoli in vita del re Catholico; ma che di poi pervenissi decto regno in chi volea Sua Maestà col consenso di Nostro Signore, disegnando el figlolo del re Federico o altri di chi la Chiesa non havessi da dubitare. Le quali cose tucte si intendessino dopo lo acquisto di Milano, Genova e Asti. Et a questo si movea Nostro Si-
- ↑ Le parole tra parentesi quadre sono nella minuta, ma aggiunte dopo tra le due righe. Evidentemente Giulio de’ Medici volle far notare che il re «accettò» che le proposte papali gli fossero rese note alla condizione della promessa dell’impresa per il 1515 e del secreto con pena della scomunica. Anche in varii altri luoghi vi sono sulla minuta aggiunte e correzioni definitive, tendenti tutte non a mutare il senso, ma a rendere più chiaro e preciso il testo primitivo; e però io le ho tutte accettate e seguite senza farne oggetto di nota. Soltanto in questa le parole «lo acceptò» avrebbero potuto per qualcuno rendere dubbio il senso vero, che risulta dalla prima dicitura, così concepita: «... de sui confidenti. Sua Maestà in questo caso usò due termini inconvenienti . . .» .