fare insignorire Lorenzo, grazie ad un matrimonio con una principessa spagnuola, alla morte del Cattolico di quel reame di Napoli, che nel maggio avrebbe voluto conquistare per Giuliano e nell’aprile dell’anno seguente di nuovo chiedere per questo al re di Francia. Questo facile cambio e scambio, a mesi, tra la candidatura di Giuliano e quella di Lorenzo, specialmente quando si ponga mente alle non celate e talvolta vive rivalità tra i due, rivalità che si estendevano ai cortigiani ed agli amici dell’uno e dell’altro, dovrebbe essere, se non prova, almeno indizio della inconsistenza di tali progetti; e come questi, molto più che un disegno concreto e preciso di politica da parte del papa, continuassero a rappresentare, come nel primo momento, desideri e disegni di cortigiani, che potevano fin trascinare una natura debole e proclive ad ogni compiacenza, come quella di Giuliano, a discorsi e velleità di trattative senza serietà, come a me sembrano quelle tenute col Quirini, Nel caso speciale del preteso disegno per Lorenzo, non si può non rilevare, che l’opposizione che in ogni tempo, nonostante le premure continue da parte di Spagna, Lorenzo fece ad un matrimonio spagnuolo, mostra che a questo non vi poteva essere collegato un si alto progetto di dominio per lui; che, altrimenti, se pure fosse stata insensibile l’ambizione di Lorenzo, ben lo avrebbero costretto ad accettarlo Leone ed, ancor più, la madre Alfonsina Orsini, sitibonda di regno, ed alla quale il figlio piegò sempre, come fanciullo. Ma sono queste osservazioni al tutto accessorie. Alle parole, le quali a Pietro Lando, ambasciatore veneziano, avrebbe detto un amico suo e di Leone, che questi calcolava «che morendo el re di Spagna, che e cum la potentia et favor del parenta de questa Dona el se insignoreria del regno di Napoli» - parole nelle due brevi citazioni che ne dà il Cian non chiare abbastanza - bisogna porre a riscontro le altre, che Leone stesso, al medesimo proposito, disse il giorno seguente al Lando, come risulta