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192 F. Nitti

levando in una recensione del mio libro1 la trascuranza per parte mia dei documenti da lui pubblicati, crede che il contenuto di questi valga a distruggere alcune delle mie affermazioni, e, sopra tutto, non gli pare che io abbia raggiunto l’intento mio a di dimostrare che il nepotismo non fu che «un movente secondario nella politica di Leone X». Ora io non ho avuto nè alcun intento, nè alcun preconcetto nella mia indagine. È bensì vero, che, contrariamente all’opinione unanimamente accettata, io son giunto alla conclusione che Leone, pur avendo cercato di avvantaggiare e d’ingrandire in più modi il fratello ed il nipote, fu tuttavia nella politica sua ispirato e diretto principalissimamente dagli interessi della Santa Sede e dello Stato della Chiesa, che non sacrificò mai alle ambizioni di famiglia; ma questa conclusione è scaturita naturalmente da una indagine del tutto obbiettiva, nè più nè meno come, quando i fatti fossero stati diversi, ne avrei indotta una opposta. Che anzi, riuscendo i giudizi miei contrari ad altri tanto numerosi ed autorevoli, io ho qua e là, specialmente a pp. 57-64, spinta la mia intuizione ed analisi psicologica a ricercare, dando loro un valore che rigorosissimamente forse non avrei potuto, argomenti di possibile dubbio rispetto alle mie conclusioni, i quali io non riuscivo a trovare nelle manifestazioni di fatto. Nè quando avessi avuti presenti al mio esame anche i documenti pubblicati dal Gian, io avrei potuto, pel contenuto loro, trarre una conclusione diversa. Da questi documenti vengono fuori due fatti. Il primo: quando Leone nella primavera del 1514, preso da gravissimo timore di un’unione tra la Francia, la Spagna e l’imperatore, per causa del progettato matrimonio spagnuolo-francese, si dava a tutt’uomo, per impedire tal fatto, a rialzare l’animo di Luigi XII col promettergli l’aiuto nell’impresa d’Italia e col procacciargli

  1. Giornale storico della letteratura italiana, 1892, pp. 416-21.