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Vita e diario di Paolo Alaleone | 15 |
e dell’assedio gli fecero amaramente rimpiangere la vita comoda e tranquilla che in Roma era solito menare. Non abbandonando mai la persona del legato, fu testimonio di tutti i grandi avvenimenti della legazione e dell’assedio, di quegli avvenimenti cioè che ebbero allora importanza mondiale. Tali infatti li giudicarono i contemporanei e tali ancora li giudicò Filippo II, che non esitò mettere in forse il suo impero nelle Fiandre pur di salvare Parigi, e colui che scrisse le istruzioni date al cardinale, se pur forse esagerava, si esprimeva all’unisono dei sentimenti di tutti i suoi contemporanei incominciando col dire che al Caetani «era stata affidata la maggiore legatione, che sia stata a memoria di huomini»1.
È quindi oggetto della nostra maraviglia il contegno dell’Alaleone rispetto a quello che intorno a lui avveniva. Se pure troviamo nel suo diario frequenti accenni ai principali episodi della legazione, mai vi si riscontra una parola di lode pel legato, mai una di odio o di biasimo per Enrico IV, mai un’espressione nemmeno velata di dolore o di compassione per le inaudite sofferenze del popolo di Parigi, o di ammirazione per l’eroismo di cui esso dette prova. Nulla; finché i guai ed i disagi non vengono a pungerlo nel suo egoismo, non pare esservi nulla che lo interessi, nulla che lo appassioni o l’adiri. Ma non appena sente freddo in cammino2, se gli cade il cavallo nel Rodano3, se ha dormito sulla paglia4, se è stato offeso dai ministri del legato, «a quorum manibus Deus optimus maximus me liberet»5,