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182 F. Nitti

zione imperiale del 1519. Alle ragioni già da lui assegnate nella sua Storia di Carlo V e da me contradette, e per le quali cercò dimostrare, che Leone, piuttosto che l’elezione di Francesco I o di qualsiasi altro principe, volle sempre quella di Carlo, egli fa seguire ora con nuovo acume altri dubbi, per i quali fanno mestieri nuovo studio e nuove dilucidazioni. Egli, pur dichiarando, nella serena coscienza sua di storico amante soltanto della verità, di essere «ben lontano dalla insana pretensione di giustificare una congettura messa innanzi trenta anni circa addietro, quando non erano noti i manoscritti Torrigiani», dubita tuttavia, che se io, invece di affermare che Leone non aveva avuta «molta fiducia» nell’elezione di un altro principe che non fosse né Francesco né Carlo, avessi detto che «nessuna fiducia» quegli ebbe in ciò mai, gli avrei «data vinta, la causa». Ma a noi riesce appunto impossibile non riconoscere, che quella fiducia abbia, con più o meno debole vicenda, tenuto l’animo del papa sino al maggio, e ne abbia determinata in gran parte anche la politica. Non solo il barlume più o meno vivo di tale fiducia si mostra evidente in tutte le negoziazioni papali riguardanti la contesa elettorale, ma quella speranza la troviamo ripetutamente e sulle labbra del papa e de’ familiari suoi, insieme al naturale timore che dovesse probabilmente restare delusa (pp. 154-7, 176, 193, 200-3). Ed in realtà il crescere ed il decrescere di tale speranza e di siffatta fiducia nell’animo di Leone, segna e spiega, più che ogni altra causa, le fasi dell’atteggiarsi della politica papale dall’autunno del 1518 all’està del 1519.

Vivente Massimiliano, quasi nulla era la speranza di fare eleggere, contro la volontà decisa del vecchio imperatore, un re de’ Romani che non fosse Carlo; non si sarebbe neanche trovato alcuno, fra i principi tedeschi, che avesse accettata la candidatura: e però la quasi acquiescenza di Leone alla elezione del giovane Asburgo. E tale