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La «universitas bobacteriorum Urbis» 175

Trevi e Salvato di Pier Giovanni la Corte del rione Monti, si intese la necessità di riformare i vecchi statuti, per reprimere le insolenze dei trasgressori, per le cangiate condirioni dei tempi e per la nequizia umana, che sempre più si fa strada1; considerazione morale attinta ai soliti luoghi comuni. In questa riforma però gli statutarii non furono soltanto i quattro consoli dell’Arte, ma anche i tredici consiglieri, scelti da ciascun rione; e questi da soli si accinsero al lavoro, derogando ad una legge prima vigente, che richiedeva il consenso dell’intera università, per la validità d’una deliberazione2. Negli statuti sono anche menzionati questi tredici consiglieri, tra i quali si notano dei nobilissimi, come un Luigi dei Papazzurri3 del rione Trevi, ed un Cecco Donato degli Ilperini4. Secondo l’antica legge degli Statuta Urbis5, queste riforme furono assoggettate all’approvazione del senatore di Roma. Nel 1407 fu senatore Pier Francesco dei Brancaleoni al quale nell’istesso anno era succeduto Giovanni da Cingoli, che rassegnò la carica in mano al pontefice Gregorio XII, quando seppe che costui partiva da Roma. Allora il papa lasciò governatore e legato il cardinale Stefaneschi, che fece esercitare la carica senatoriale dai tre conservatori Domenico Paloni, Lello di Cecco Ottaviani e Giovanni di Nucio Velli6. Non trovandosi quindi in Roma nè il pontefice nè il senatore, il privilegio di conferma vien concesso dallo Stefaneschi che rappresenta l’uno e l’altro. Seguono nella stampa

  1. V. la Prefaz. agli Statuti.
  2. Privilegio del card. Stefaneschi, in calce agli statuti.
  3. Un «Nicolaus Mutus de Papazuris» è ricordato come senatore nel 1299 come risulta dalle note manoscritte all’opera del Crescimbeni. V. Vitale, Stor. diplom. p. 205.
  4. Il Forcella riporta due iscrizioni della famiglia degli Ilperini (I, n. 466 e 1569).
  5. Lib. I, cap. 128.
  6. Vitale, loc. cit.