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172 | G. Ricci |
furono tutte riunite in un solo statuto nel 1407. Questi parziali statuta, queste ordinationes e consuetudines, emessi a seconda della necessità, doveano essere aggruppati con molto disordine e seguendo semplicemente un criterio cronologico: nel 1407 invece gli statutari li disposero con criterio sistematico (sebbene non sempre esatto), come ci fa vedere l’item che sta sempre a capo d’ogni articolo e che ci indica la continuità dell’elaborazione e l’omogeneità cronologica di essa. Abbiamo poi le testimonianze storiche già ricordate: nel 1262-3 troviamo i consules bobacteriorum menzionati negli statuti dei mercanti nella grande riforma delle Arti1; nel 1327 Giovanni XXII indirizza lettere ai consoli suddetti2; nel 1335 e 1337 abbiamo pure due lettere di Benedetto XII ai consoli dei bovattieri3; Urbano V nel 1368 è console dell’Arte4. Tutti questi fatti ci indicano che l’Arte fosse pienamente e giuridicamente costituita, e che dovea senz’altro avere i propri «statuta, ordinationes et consuetudines» fin dal secolo xiii.
Una ricostruzione di questi antichi statuti è impossibile, troppo difficile essendo risalire da ordinamenti nuovi a dei vecchi, abrogati per ragione di cambiate condizioni di tempo, di luogo, di persone. Nondimeno potremo tentare uno schema, servendoci dell’art. 126 degli Statuta Urbis, altrove riferito, e di quelle poche rubriche, che, nel 1407, appariscono chiaramente modificazioni di ordinamenti anteriori, essendochè ivi gli statutari abbian detto d’apportar variazioni.
Si possono dunque considerare come facenti parte degli antichi statuti i seguenti articoli: