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170 | G. Ricci |
era gravata1. Nel 1565, Pio V, in una bolla confermativa degli statuti dell’agricoltura, dice che per opera, cura, diligenza e spesa dei consoli di detta Arte era avvenuto che, mentre nei passati tempi la città abbisognava di importare frumento, allora non solo Roma abbondava di grano, ma dall’Agro romano potevasi somministrare ai vicini ed agli esteri per terra e per mare2.
A qual’epoca risalgono e quali furono i più antichi statuti dell’universitas bobacteriorum? In altra parte avemmo già occasione di accennare qualche cosa in proposito, e dicemmo che gli Statuta bobacteriorum Urbis, nella redazione più antica che sia giunta a noi, risalgono al 1407, sotto il pontificato di Gregorio XII, essendo suo vicario il cardinale Stefaneschi, editi poi per le stampe l’anno 1526. Il codice Ottoboniano 1821, membranaceo del secolo xv, contiene pure manoscritti gli statuti suddetti esattamente identici alla edizione. Il codice è in nitidissimo carattere e non presenta difl5coltà paleografiche: le iniziali dei capitoli, che incominciano tutti, meno il primo, per Item, sono lasciate in bianco col proposito di rubricarle poi; offrono qualche leggera variante, in qualche parte più scorretti di quelli a stampa, e vi mancano le confirmationes.
Due capitoli di essi statuti sono anche trascritti nel codice Vaticano 6825, un grosso zibaldone, che contiene brani di cronache e diari, tra cui quello di Stefano Infessura. A carta 30 retro, sono riportati i capitoli v e xvii riguardanti l’ufficio del gonfaloniere dell’Arte: questi due capitoli servono come d’introduzione ad una bolla di Martino V, sul già citato gonfalonierato della città. Colui che trascrisse i suddetti capitoli conosceva gli statuti