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164 G. Ricci

È notevole la particolarità del posto onorifico che occupava la nostra universitas e come essa sola recasse due doppieri, a differenza delle altre e degli stessi mercanti, che ne recavano un solo. Considerando che la quota imposta a ciascun socio per detta spesa dei ceri, era inferiore a quella delle altre Arti, che portavano soltanto un doppiere, ne risulta la ricchezza della Camera dell’Arte stessa, e il largo numero degli ascritti alla corporazione. I bovattieri pagavano ciascuno una quota inferiore, ad esempio, a quella dei merciai che erano tassati per sedici provisini a testa, tanto gli scolari quanto i lavoranti1. Negli statuti dell’Arte v’hanno delle disposizioni speciali per tale cerimonia. Nel mese di agosto cadeva la seconda tratta dei consoli, e quelli, che in detto mese venivano eletti, erano obbligati a a facere et ordinare festum cum «omni honore», il meglio che possono2: dovean procurare i due doppieri «ac aliam ceram, confectiones et alla necessaria pro ut hactenus extitit consuetum». Tutti dell’Arte doveàn contribuire con denari per questa solennità ed i consoli erano incaricati della riscossione, che dovea farsi con un criterio giusto, ossia secondo il censo d’ognuno3. Ogni bovattiere che possedesse terre ed animali pagava dieci soldi provisini del Senato: chi avesse soltanto terre od animali pagava sette soldi provisini: se più fratelli convivano ed abbiano comuni gli interessi, allora pagano soltanto per uno. Chi non paga4, non potrà in alcun modo più ottenere alcun ufficio; nè potrà esercitar l’Arte, nè possedere animali. Una disposizione degli Statuta Urbis proibiva espressamente ai consoli delle Arti di chiedere alcuna quantità di denaro ad alcun giudeo

  1. Bresciano, St. merciar, et pont. XIIII R. p. 6.
  2. Stat. bobact. cap. 14.
  3. Stat. cap. 15.
  4. Stat. capp. 16/17.