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154 G. Ricci

che mostra come non facessero parte di un regolare statuto; appariscono invece come deliberazioni staccate, solo più. tardi riunite in un volume. Cosi il capitolo 126 è intitolato: «De Arte bobacteriorum» ed incomincia: «Nobilis Ars bobactriorum semper sit in suo robore et firmitate, pro pace et utilitate Urbis». Si tratta di una deliberazione staccata, inserita tra gli altri ordinamenti municipali senza alcun criterio sistematico; mentre sistematicamente sono inseriti i capitoli seguenti sino al 129, perchè faceana parte di una medesima redazione risguardante le Arti. E questa redazione mi pare debba appartenere al tempo della grande riforma dell’organismo delle corporazioni. Non si comprenderebbe il capitolo speciale sull’Arte dei bobacterii, scritto sulla metà del secolo xiv, quando quest’Arte avea avuta già tanta parte negli avvenimenti politici dei primi anni dello stesso secolo. Tanto più poi, quando si consideri che il detto capitolo apparisce propriamente come una nuova costituzione dell’Arte, e contiene quasi in abbozzo un piccolo statuto della medesima: possono eleggere i consoli ed i consiglieri fra gli uomini dell’Arte; gli ordinamenti debbono essere approvati dal senatore ed osservati da tutti i componenti la corporazione; i consoli han potestà su quelli che han giurato l’Arte ed anche sui bubalarii ed i buccinarii, che appariscono come Artes submissae; il senatore è obbligato ad aiutarli perchè le sententiae e gli exbannimenta abbiano esecuzione; non debbono costringere gli altri a giurar la propria Arte, e non possono impedire che si ricorra alla curia del senatore; tutti gli ufficiali dell’Arte debbono durare in carica soltanto sei mesi; nessuno può essere rieletto ad alcuno ufficio se non dopo due anni, «non obstante aliquo capitulo, statuto, privilegio vel consuetudine seu deliberatione in contrarium loquentibus » . Come si vede, trattasi di una riforma capitale, che tende a fissare stabilmente il regime dell’Arte, corroborata poi da quell’affermazione così recisa, con cui