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La «universitas bobacteriorum Urbis» | 145 |
Cosi dal Regesto Sublacense1 sappiamo che l’abate Benedetto concesse in locazione vitalizia a Romano mansionario della basilica Costantiniana ed a Benedetta una terra «in qua sunt arbores pomarum et olivarum», posta in Roma, nella seconda regione, presso S. Erasmo e che confinava da un lato con la «vinea de monasterio Sancti Sabe». Nel 9762 Giovanni prete concede a titolo livellano una vigna posta in Roma nella seconda regione, nel campo di Sant’Agata, che confina «a secundo latere vineam qui fuit de Iohanne episcopus . . . et a quarto latere vinea de nos». Gli esempi si potrebbero moltiplicare3, specie poi quando si volesse por mente anche ai terreni coltivati nelle vicinanze di Roma. Del resto nemmeno ignorasi il grande impulso dato all’agricoltura dai papi Zaccaria (741752) ed Adriano I (772-795), colla istituzione delle domoculte4: né la coltivazione era scarsa, perchè, ad esempio, la domoculta Capracorum è detta nel Liber pontificalis «cum massis, fundis, casalibus, vineis, olivetis» e produceva «triticum seu ordeum . . . vinum . . . diversa legumina» &c. e il Tomassetti a ragione5 chiama la detta domoculta il centro della popolazione e dell’attività agricola nella regione situata a nord di Roma.
Non mancarono tuttavia cagioni di impedimento allo sviluppo dell’agricoltura e al sollecito formarsi di un’importante classe agricola e di una relativa corporazione.
E queste cagioni furono la continua devastazione, cui andarono soggette le terre, l’abbandono quasi totale che ne conseguitò di quelle rovinate, ed oltre a ciò le vaste possessioni dei monasteri, che impedivano lo sviluppo della