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La «universitas bobacteriorum Urbis» 143

L’universitas bobacteriorum non era dunque diversa dall’Ars agriculturae: possiamo accettare il titolo di mercanti di campagna dato ai soci di essa, considerandoli però come ricchi proprietari di bestiame, col quale mantenevano vivo il commercio e gli scambi, ed acquistavano larghe possessioni di terra, curandone poi il miglioramento. A questo ci conduce anche l’attributo dato alla loro Arte, che è sempre chiamata nobilis1, e la grande importanza che ebbe in Roma, appunto come classe possidente, e l’unica che potesse disporre del numerario, avendo essa nelle mani la più viva parte del movimento commerciale e facendo parte di essa anche dei nobili e ricchi cittadini di Roma2.

Certo sarebbe non senza importanza il conoscere l’epoca in cui l'Ars agriculturae sostituì quella dei bobacterii. Una precisa data è, per ora, impossibile fissarla; però ci sarà lecito fare una congettura: nell’elenco delle Arti che prendevano parte alla litania di S. Maria Maggiore, riferito dal catasto di S. Lorenzo in Laterano, gli agricoltori non compariscono affatto; mentre sono specificatamente menzionati nell’epigrafe Capitolina del secolo xvi che determina l’ordine da tenersi dalle Arti nella processione della Madonna di agosto. Abbiamo dunque un terminus a quo (1462) ed un terminus ad quem (secolo xvi), e mi pare possibile l’ammettere fra queste due date l’avvenimento, cui abbiamo accennato, tanto più che gli statuti dell’agricoltura non rimontano più su della metà del secolo xvi. Se però l’Arte dei bovattieri è tutta una con quella più tardi denominata dall’agricoltura, quel nome medioevale così a lungo mantenuto dimostra per sé stesso quale fosse in Roma il principale ramo dell’industria agricola.


  1. Stat. Urbis, lib. I, cap. 126, p. 81.
  2. I consoli del 1407 ci sono indicati coll’attributo di nobili uomini e nel 1718 consoli dell’Arte dell’agricoltura erano il conte Ferdinando Bolognetti, il marchese Filippo Patrizi, il marchese Cesare Rasponi e Giovanni degli Annibali della Molara.