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XXXVI PROEMIO.

1furono già spese, massime fra noi, non poche e assai nobili cure; e io spero che V Archivio, fedele in ciò al primo saggio che ora se

  1. e la prima di simil fatta che attecchisse in Italia. Avrà ora un’emula assai poderosa nella Rivista di filologia e d’istruzione classica, diretta dai professori torinesi Miiller e Pezzi. Mentre scrivo queste righe, si annunzia poi da Roma una Rivista di filologia romanza, diretta da L. Manzoni, E. Monaci ed £. Stengel, d’indole affine alla Romania, che esce a Parigi, sotto la direzione di quei valorosi romanologi che son P. Meyer e G. Paris. E più d’una collezione tedesca, di simil genere, ebbe ormai contributi italiani; fra le quali mi limiterò a nominare il Jahrbuch fiir romanische und englische Literatur, così sagacemente diretto dal Lemcke. Anzi, per quanto la cosa possa apparire strana, io non so astenermi di qui avvertire, come sia deplorevole, che in questo pur così rallegrante risveglio della scuola italiana, il favore per la filologia classica sia ben lungi dall’uguagliare il favor che si concede agli studj glottologici di ogni maniera. Par quasi, che questi debbano reagire contro di quella, o trasformarla da capo a fondo; laddove, come ognuno dovrebbe facilmente vedere, si tratta di due gruppi d’importanti discipline, affatto diversi tra di loro, comunque abondino i vicendevoli contatti e quindi le occasioni che l’uno giovi all’altro. Nulla può spiacere maggiormente ai serj ed onesti cultori degli studj glottologici, e nulla può giovar meno al prosperamento di questi, che l’alterigia con cui certi loro amici si mettono a trattare la filologia vera e propria e tutto ciò che par sapere di vecchio. Gli studj classici, che tendono a rinvigorire e ingentilire il nostro pensiero per virtù di quei modelli in cui la forza e la venustà del concepire e del dire hanno toccato un’altezza che né prima nè poi si è mai raggiunta, ben possono avere particolari sussidj dai moderni progressi della scienza e ben possono esser diretti con intenti via via più razionali e robusti. Ma da molti si esagera in singoiar modo l’importanza di quei sussidj, e si traduce in modo più ancora singolare il giusto proposito di accrescer l’utilità civile dello studio degli antichi. Di certo, un buon insegnamento di anatomia ci vuole anche nelle academie di belle arti, ma il Laocoonte e l’Apollo di Belvedere domandano altri interpreti che non sia il settore. Nè io mi permetterei di toccar di simili cose, se non mi paresse, che non sia sempre il mero zelo per gli studj nuovi che faccia andar negletta la vera filologia. Se, per esempio, noi troviamo facilmente dei professori di ogni più peregrina materia, e all’incontro non riusciamo più a trovare un professor di latino, dovremo noi credere che ciò dipenda unicamente dalle esuberanti attrattive che hanno per noi le peregrine cose? 0 non c’entra, in qualche parte, la facilità con cui riusciamo a brillare, e presumiamo di valere, mettendoci per le vie nuove, laddove ci occorrerebbero ben maggiori fatiche e ben maggior valore per segnalarci in quelle discipline che ci siam dati a credere più modeste? I giovani, e coloro che ci reggono, devono andar persuasi, che ci vuol più senno, e più studio,