Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
XXVIII PROEMIO.
facilmente imagina. Ma le squisite brame di quel Grande, che è riuscito, con l’infinita potenza di una mano che non pare aver nervi, a estirpar dalle lettere italiane, o dal cervello dell’Italia, l’antichissimo cancro della retorica, hanno pur dovuto, per tutto quanto concerne le rinnovate norme della parola, degenerare prontamente, fra gl’imitatori, in un nuovo eccesso dell’Arte. Le ragioni pratiche, che rincarando sulla lezione del Maestro, od ampliandola, si vennero adducendo dai segnaci, altro non devono parere esse medesime che una scusa dell’Arte, intenta a coonestare i suoi arbitrj. Così ci parlano del gran danno che sia il mantenere i nostri figliuoli quasi bilingui, lasciando loro cioè il dialetto materno e costringendoli a studiare, al modo che si fa d’un idioma estraneo, la lingua che si dice nostra, con tanto spreco, aggiungono, delle loro intelligenze, e in tanto bisogno di far tesoro di ogni più piccol briciolo delle facoltà mentali della nazione; come se la scienza e l’esperienza non dimostrassero in cento maniere, che è anzi una condizione privilegiata, nell’ordine dell’intelligenza, questa dei figliuoli bilingui, e come se in casa nostra fosse affatto chiaro che l’incremento della cultura stia in ragion diretta della prossimità o della maggior vicinanza fra parola parlata e parola scritta, laddove il vero è precisamente l’opposto. Pare, alle volte, a sentir quegli esageratori del Maestro, che al modo, in cui stiamo, non si possa asso- " lutamente andar più innanzi, poiché nelle scuole non arriviamo a far distinguere tra persiana e finestra, e al nostro ronzino corriamo rischio ogni giorno di far dare una biada per l’altra. Ma la nostra nomenclatura, domestica o tecnica, si riproduce da più generazioni, si potrebbe quasi dire da secoli, in un numero infinito di vocabolarj più o meno copiosi, dove alla voce italiana sta accanto l’equivalente francese, spagnuolo o tedesco; alcuni di questi vocabolarj sono estesissimi, e l’italiano vi riflette, con sobria nitidezza, voce per voce (ed anche locuzione per locuzione), l’intiera suppellettile di altri ricchissimi idiomi; nè mai si è sentito da chi ne fa o ne fece quotidiana esperienza o quotidiani confronti, che la mala sicurezza sia proprio un distintivo della parola * italiana. Ripetano ancora per poco le loro doglianze quei zelatori