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XXVI PROEMIO.

zionale; e si irritano, o si sono irritati, per ciò, che mentre essi tentano (ed è forse una pia illusione) di portare qualche incremento al patrimonio delle idee italiane, mentre si credono intenti a suscitar quella larga spira di attività civile che poi debba travolgere in ferma unità di pensiero e di parola tutte le genti d’Italia, altri sparga delle dottrine, dalle quali, con facile e non evitabile eccesso, si viene al punto di bandire, che non saremo nazione, in sino a che essi scrivano per maniera, che di certi loro modi o costrutti possa ridere per avventura un qualche fiorentino che ozia. E rida con suo danno, essi dicono, che noi senza danno rideremo di lui. Questa è, suppergiù, la risposta mentale che si oppone f non tanto al Vocabolario Novo, quanto alle esagerazioni che sono implicite nel suo principio, da buona parte, forse dal maggior numero di coloro, che oggi si sentono chiamati a parlare utilmente con la penna; qui è la ragion vera, e forse non illegittima, delle difficoltà che egli incontra, non in alcuna boria municipale o in qualsiasi altra causa ch’egli venga imaginando.

Se però è chiaro che l’Italia non abbia l’unità di lingua perchè le son mancate le condizioni fra le quali s’ebbe altrove, e insieme è chiaro che il non averla debba molto dolere agl’Italiani e sia sorgente legittima della disputa eterna, si deve ancora chiedere, perchè veramente sieno all’Italia mancate le condizioni che altrove condussero alla unità intellettuale onde si attinse la unità di favella; o in altri termini, semplificata la questione, perchè l’Italia non raggiungesse quell’unità di pensiero, a cui la Germania, malgrado gli ostacoli di cui più sopra si toccava, è pure pervenuta. L’intiera risposta è per vero già involta, più o men distintamente, in ciò che precede; ma l’assunto inesorabile vuol che si arrivi in sino al fondo e sempre con esplicite parole. Questa diversa fortuna dell’Italia e della Germania, può dunque giustamente parere il prodotto complesso di un infinito numero di fattori; se ne posson dare ragioni di razza, di tempi, e d’ogni altra specie; ma rimane sempre, che la differenza dipenda da questo doppio inciampo della civiltà italiana: la scarsa densità della cultura e l’eccessiva preoccupazione della forma. Nessun paese, e