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PROEMIO. XXIII

paura); è vicenda ideologica non gran fatto strana; è una evoluzione dell’uso che ha la sua chiara storia; ma di queste due fasi storiche del valore di punto, la prima era compita quando la favella dei toscani o dei fiorentini si riversò in quella serie di scritture che accomunò al pensiero di tutti gl' Italiani un medesimo tipo dialettale, e la seconda, all’incontro, non lo era, o non appare che fosse (l’essere e il parere fanno, in questo caso, lo stesso), e oggi, nell’età della riflessione, nessuna ragione ideologica, nessuna necessità tecnica, nessun consenso generale di popolo, viene a raccomandare al pensatore, o ad imporre ai letterati, la punta vista o i punti scrupoli; e questa naturalezza fiorentina, sarebbe perciò un’affettazione italiana. Voi insegnate, continuerebbe quel barbassoro, che si abbia a scrivere dette anziché diede; ma diede per 'dedit’è voce schiettamente popolare e italiana e toscana, quanto è piede per 'pede-’; il dittongo vi assicura, se ne fosse d’uopo, che essa è uno dei fiori più spontanei e delicati della vostra terra; quanti italiani mettessero in iscritto il loro pensiero, da Susa a Trieste e da Trento a Palermo, non hanno mai usato, da più secoli, altro che diede; e questa forma, squisitamente isterica, e invidiabilmente pratica, perchè si dovrà affettatamente sacrificare alla postuma prediletta di un vernacolo? Qualsiasi aberrazione dialettale (parla sempre il barbassoro) può bensì incogliere una lingua letteraria, per cause che inavvertitamente o indispensabilmente si subiscono; ma se voi oggi insegnate agli italiani, che il modo: io e te quando ci si lamenta merita e deve soppiantare quest’altro: quando io e tu ci lamentiamo, voi date pien diritto ai vostri avversarj di rispondervi, che da pedante a pedante, meglio è la grammatica che lo sgrammaticare. Quando v’imaginate d’imporre il fiorentino doventa agli Italiani che scrivono diventa, questi dovrebbero sapervi rispondere, mercè le fatiche nostre, che se il fenomeno sporadico di o dall’e àtona latina, per effetto della labiale che sussegue, era compito e fermo nel fiorentino dovére (debere) in quell’età di cui prima si è toccato, e ritornava per questo stesso verbo in un numero infinito di altri vernacoli italiani, alcuno dei quali lo tollera eziandio nelle voci del verbo medesimo che hanno l’accento sulla prima;