della fede e creò l’unità della nazione*.1 La Riforma, rifiutata da
cosi gran parte degli Alto-Tedeschi, di cui restaurava la lingua,
imponeva per sempre questa lingua medesima alla Bassa Germania.
Ma il progresso dello spirito tedesco, e perciò della lingua
fattasi comune alla Germania intiera, non continua sicuro e ininterrotto
da Lutero a’ nostri giorni; pur dopo Leibnizio resta mal
certo, e l’età di Klopstock e di Kant, due uomini che son morti
nel secolo in cui viviamo, può ancora vantarsi autrice della nazione,
e nel pensiero e nella lingua **2. Quindi è affatto moderna là
- ↑ * Lutero, come tutti sanno, dice egli medesimo, di non avere alcun suo proprio o particolare dialetto (keine gewisse, sonderliche, eigene sprache im deutschen), ma di parlare la lingua della cancelleria di Sassonia, alla quale tatti i princìpi e re di Germania si conformavano, e per la quale Timperator Massimilano e l’elettore Federico avevano ridotto le lingue tedesche in una determinata lingua (die deutschen sprachen in eine gewisse sprache gezogen). È una semplice e ben contraddetta ipotesi di alcuni filologi tedeschi, che Lutero usasse prevalentemente di un suo dialetto familiare, turingio o alto-sassone, cui nessuno, ad ogni modo, sa più discernere. E circa il linguaggio delle cancellerie, il Raumer mostra con molta lucidezza (Ueber die entstéhung der neuhochdeutechen schriftsprache, nelle Gè- 8ammelte sprachvnssensch. schrift., p. 198-204), come prima fosse prevalentemente alemanno-svevo (Alta Germania occidentale), e poscia prevalentemente austro-bavaro (Alta Germania orientale), secondo le dinastie diverse, e formando nel primo caso, ma non più nelF altro, una diretta continuazione dell’alto-tedesco letterario del periodo di mezzo (mittelhochdeutscb); come inoltre le Diete, tramezzando fra i due poli alto-tedeschi, temperassero questo linguaggio aulico, giovassero a fermarlo, preparassero insomma la creta, cui Lutero doveva insufflar vita immortale. — Può anche vedersi Schlbiohee, Die deutsche sprache, in ispecie a p. 108 della sec. ediz.
- ↑ ** Nulla potrebbe rappresentare, in modo più pronto e vivo, F incertezza in cui Klopstock e Kant, nati nello stesso anno (1724), ritrovavano ancora lo spirito civile e letterario de* Tedeschi, di quello che faccia il frontispizio di un classico illustrato, de’ loro tempi, in cui si dice: ( che vi sono mostrati gl’idiotismi latini, e tradotti, cosi in modi schiettamente tedeschi, come nello stile della moda che corre (worinnen die idiotismi latini gezeigt, und so wohl in reine teutsche redens-arten, ah in den jetzigen mode-stylum ttòersetzt werden; Quinto Curzio Bufo, quarta edizione, curata da Emanuel Sincero, Augusta, 1734) Chi vuole qualche esempio della doppia versione, anche all’infuori dei veri idiotismi, legga le linee che ora seguono: fidem ac cip ere, ( sicher geleit oder salvum conductum bekommen (p. 376)’ -, in societatem defectionis impellere aliquem, ( einen anreitzen, dass er mit oder neben ihm abfallen, oder in der rebellion compagnie machen solle (p. 753).’