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estrinseca superficie del vaso, non se ne potrebbe cavare la ricercata proporzione, se non vi fosse il modo di snervare un tale intrigo, come or’ ora dimostrerò.

Figuriamoci dunque, che il vaso di cui si valse Archimede in quella occasione, fosse stato formato con un canaletto alquanto più basso dell’orificio, l’una, e l’altra difficoltà resta totalmente sciolta, e sviluppata; poichè empiendosi il detto vaso fin che l’acqua scorra per il canaletto; dopo che avea finito di precipitarsi quella, ch’era superflua, restava il vaso ben pieno, e sempre nell’istessa misura senza colmarsi l’acqua, o attaccarsi nel traboccare all’estrinseca superficie del vaso, onde immergendosi poi una mole d’oro, o di argento potea perfettamente misurarsi l’acqua, che quei metalli ne cacciavano fuori a misura della loro grandezza, come fu dimostrato da Archimede, e viene [Delle cose che pesano nell’acqua prop. prim.]espresso nell’Istoria con queste parole: Quanta magnitudo in vase depressa est, tantum aqua èffluxit.

Ma per vedersi cogl’occhi, e toccarsi colle mani quanto questo mezzo dell’acqua usata da Archimede sia più vantaggioso e sicuro del modo usato colla


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