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a immaginare una tenera e affettuosa benevolenza tra uomo e donna, che ha per misteriosa conseguenza un certo numero di figliuoli. E con questi scarsi elementi della vita essa era chiamata a decidere della sua vita. Chi era questo bravo uomo a cui avrebbe dovuto consacrare la sua benevolenza? L’aveva mai incontrato una volta sulla sua strada? Credeva anche lui in Dio e nel bene? Come poteva dunque esitare a rispondere una parola che la salvasse subito e per sempre da una terribile responsabilità?

Presa dalla voglia d’uscire al più presto da un’incertezza così penosa, accese un lume, levò dal cassetto un foglio e cominciò a scrivere a papà Botta i motivi morali, che non le permettevano d’accettare l’offerta del signor Tognino. La sua vita, scriveva, era già consacrata allo sposo celeste, e non era la vocazione d’un giorno, ma il pensiero dominante di tutta la sua giovinezza. Per questo voto aveva già ricevuti replicati affidamenti di grazia, talchè il venir meno alla promessa sarebbe stato per lei un tradire, un abbandonare sopra l’abisso un’anima bisognosa, l’anima del suo povero papà.

In questa convinzione che le maestre e i confessori avevano più volte ribadita nel suo tenero cuore, la fanciulla si sentì così dotta e agguerrita, che non le mancarono le parole calde e affettuose per convincere sè e gli altri; e dopo tre pagine la sua mano leggiera scriveva ancora, come se un angelo guidasse la penna, provando essa stessa una soave emozione nel rileggere parole e frasi scaturite quasi miracolosamente dalla ricchezza del cuore, e che le inondavano il viso di lagrime.

Sonavano le nove nel gran silenzio. Alle Cascine