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diavolo — proruppe la Colomba, rimestando con una certa furia nella pentola. — Non voglio che Ferruccio resti un giorno di più a questa scuola.
— Eh, voi esagerate: oggi il sor Tognino è arrivato in porto e può darsi anche il lusso di fare il galantuomo e il generoso. Gli uomini abili come lui, che hanno una gran pratica di mondo, sono i primi a credere all’esistenza e all’importanza dell’onestà: e sotto questo rispetto potrà fare del bene al vostro Ferruccio. So, per esempio, che fa dei sacrifici per suo figlio e che ha ricevuto molto bene in casa la nuora, a cui ha preparato un bell’appartamento... Quando si è vicini a toccare il mezzo milione, è una sciocchezza fare il birbante... — Il sor Galimberti tornò a ridere col suo riso grasso in cui correvano delle piccole note bronchiali.
— Noi abbiamo un’altro catechismo: non voglio più ch’egli rimanga un giorno, in quella casa.
— È qui, è qui — venne a dire la Nunziadina, e saltellando sulle grucce, andò incontro al ragazzo, che entrò col passo barcollante, tutto stravolto in viso: — Da dove vieni così scalmanato, benedetto figliuolo? si direbbe che tu abbia camminato in un fosso. Le zacchere ti vanno fin sopra la testa.
Ferruccio entrò con aria distratta, e senza salutare nessuno, buttò il cappello e il soprabito sopra una sedia.
— Questo è il figliuolo della povera Marietta — disse la Colomba, indicandolo col mestolo al Galimberti.
— Un bel ragazzo grande, che somiglia tutto alla sua povera mamma... — Osservò il delegato, che parve raccogliersi sopra una sua idea. Se avesse osato