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— Giovine? da quanto tempo mi conoscete, Colomba! Vostro padre aveva ancora la Sostra di legna, carbone e carbonella in piazza della Rosa, quando io vi conobbi la prima volta. Allora io non era che un modesto sorvegliante urbano e so che la mia palandrana e il mio cappellone vi facevan tanto ridere; specialmente la Marietta rideva, quel diavolo pieno di spirito, di cui ero innamorato come un gatto e che avrei sposato, se non fosse stata la vergogna di quella benedetta palandrana tanto disprezzata.

— Chi sa? forse le cose sarebbero andate meglio.

— Non si sa mai la storia delle cose che non sono accadute; ma è certo che io ho sofferto quando ho inteso che ne sposava un altro. Amen, lasciamo stare i poveri nostri morti e datemi notizie della vostra salute.

Il sor Galimberti in memoria del tempo passato aveva conservato della benevolenza verso le due beate, che veniva di tempo in tempo a trovare, sicuro di bere un buon caffè con molto zucchero in fondo alla chicchera.

Era un buon omaccio al di là della cinquantina, morbido e pesante, con un tono di voce carezzevole, che la qualità del mestiere non aveva mai potuto inasprire. Dall’umile ufficio di sorvegliante urbano era passato per gradi al titolo di delegato di pubblica sicurezza, acquistandosi la stima dei superiori, che riconoscevano nel Galimberti una specialità nel rintracciare i fili del manutengolismo. In Verziere, alla Vetra e al Mercato del Foro Bonaparte, il sor Galimberti era conosciuto e riverito da tutte le più vecchie ortolane e pescivendole, alle quali compiacevasi ancora di offrire delle pastiglie di poligala, di cui aveva