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sinistra e si distese come una vera biscia lungo il corso di Porta Ticinese, verso la parrocchiale di San Lorenzo. Ai cordoni si trovarono, un po’ per caso, un po’ per accordi presi, Sidonia Maccagno maritata al cavalier Borrola, Celestina maritata a Michele Ratta lattivendolo, Paolina Bianconi maritata a un Maccagno, orefice all’insegna dell’àncora, e Arabella Pianelli, da tre mesi sposa a Lorenzo Maccagno. Casa Maccagno su tutta la linea.
Nel via vai delle vetture, dei carri, dei tram, della folla che brulica in quel popoloso quartiere, il funerale si allungò nel piacichiccio sudicio della strada, dove il fango affogava la neve, passando a sinistra delle antiche colonne romane, che sfidano nella loro marmorea indifferenza l’indifferenza più che marmorea, che i cinquemila bottegai della parrocchia dimostrano per la loro classica antichità.
La gente si arrestava a guardare un poco, sbadatamente, a questo fatto così comune del morto che passa, che nelle grandi città non suscita più in chi vede se non il fastidio d’aspettare che passi. Quindi la folla si rimescola e seguita a scorrere nel declivio dolce e potente della vita.
Il signor Tognino aspettò che tutti fossero usciti e, chiuso l’appartamento, tenne dietro al funerale col suo passetto corto e strisciato, mentre andava infilando un paio di guanti di pelle. Raggiunto il corteo si accostò a Lorenzo e gli disse: — Perchè hai permesso ad Arabella d’uscire con questo tempo? Non avete proprio nessun giudizio.
— Se tu sai persuadere le donne quando si fissano un’idea... — osservò sorridendo il giovine.
— Nel suo stato è giusto prudenza uscir di casa e il cacciarsi nella folla.