II.


Il funerale


Il giorno dopo, con un tempo umido e freddo, il portico, l’andito, la portineria, la scala furono fin dalle prime ore, pieni di gente accorsa a far onore alla povera signora Carolina.

Il signor Tognino, per mettere un argine ai pitocchi veri e falsi, che accorrono ai grossi morti, come i mosconi sullo zucchero, ordinò che si chiudesse un battente della porta e vi piantò due belle guardie di Questura.

La vecchia benefattrice era troppo conosciuta da quelle parti, perchè la notizia della sua morte non avesse a tirar gente dalle più lontane case del Borgo. Verso le dieci in Carrobio si stentava a passare tanta era la folla.

Dei parenti non ne mancava uno, così dei Ratta come dei Maccagno, oltre i parenti dei parenti, gli amici, i curiosi, venuti chi per interesse, chi per pietà, chi per dovere, chi per vedere.

I Maccagno, gente benestante, vestivano in nero e affettavano una certa preminenza, perchè la morta era una Maccagno. Pareva quasi che se ne vantassero. I Ratta invece si comportavano più dimessamente. Ce n’era d’ogni colore, portinai, stampatori,