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colpa di questo denaro non tardiamo a cavarne quel bene che si può. Lei pure avrà avuto delle spese in questi giorni. Ho bisogno d’essere istruita e di nessuno mi fido più che di lei. Se può stendermi un minuto rapporto di tutta l’azienda col reddito e cogli obblighi relativi, cercherò di entrare anch’io in questa selva di numeri, per quel poco di bene che posso fare. Ne parli anche con mio marito. Spero che lei vorrà restare con noi, finchè ne avremo bisogno, o almeno finchè non abbia trovato da collocarsi meglio...

— Non so, vedremo... — balbettò il giovine, facendosi rosso in viso.

— Non si cacciano via i galantuomini — soggiunse la signora, sorridendo.

E dopo un momento di riflessione riprese a dire:

— Noi abbiamo patito insieme...

— Oh sì, e devo a lei se non ho commesso del male... — continuò Ferruccio con sincero entusiasmo.

— Il male non fa mai bene, come ha visto. Ne abbiamo sofferto tutti, colpevoli e innocenti, e chi sa se avremo finito! Il male è un numero sbagliato, che rende falsi tutti gli altri numeri e falsa la somma totale. Uso un paragone d’aritmetica per farle vedere che comincio anch’io a far pratica coi numeri e cogli affari.

Ferruccio se ne partiva sempre, dopo questi discorsi, colla mente turbata, ansioso di tornare a Milano come chi, sognando una colpevole compiacenza, è tratto dal naturale rimorso a svegliarsi e a cercare la luce. Ma una volta a Milano, i ciottoli della città diventavano per lui carboni accesi, gli pareva di vi-