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là, immagino dov’è la carta, ma non posso cercarla da solo. Fammi chiaro.
Alle scosse violente il Berretta trascinato da quella forza che s’impadronì della sua volontà, dopo aver girato gli occhi trasognati, barcollando come un ubbriaco, mosse i piedi, prese il lume dalla mano del padrone andò dietro a quel demonio incarnato che lo tirava per la manica, che gli parlava quasi senza voce col fiato, cogli occhi, si fermò sull’uscio, mentre gli orecchi fischiavano come il vapore. Una volta ancora si sentì tirato innanzi, spalancò gli occhi per veder fuori e scorse il padrone in ginocchio nella stretta del letto, che cacciava la mano tra i materassi, dando certe scosse alla donna... Chiuse gli occhi. Era... era un’infamia, un sacrilegio, per la roba, manomettere i poveri morti. No, Gesù, non si può, non si deve in coscienza benedetta!
— O Signor, Signor... — sospirò stillando ad una ad una le sillabe con un brivido di raccapriccio. L’altro gli rispose con un soffio di noia.
Nel cacciar le mani sotto il materasso aveva sentito qualche cosa di nascosto. Bisognava mandar via il portinaio, che scrollando la candela con scosse di paralitico, buttava sego dappertutto e pareva sul punto di cadere in terra sfasciato.
— Non c’è nulla, tanto meglio così.... Avevo sospettato un tiro. A ogni modo non dire a nessuno che son venuto a cercare. Va a prender dell’aria, Berretta, e in quanto alla denuncia sia per non detto, ma guarda che io so tutto, che a me non la si fa. Va a dormire adesso. Resto io fino a domani. Ho piacere che non ci sia nulla; ma avevo motivo di dubitare. Su, su, non hai ammazzato nessuno, per-