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delle cambiali. — Ho diritto di essere giudicato sulla base dei fatti, poichè lei ha creduto alle voci della gente e alle calunnie dei miei parenti. Chi mandava in prigione per poche bottiglie di vino il Berretta, rinnovava al signor Botta dei titoli che rappresentano un valore di venticinquemila lire. Mi sarebbe stato così facile passare per un tiranno col signor Botta; ma non l’ho fatto perchè ripeto, il mio abaco non è soltanto pieno di numeri.

— Scusi — disse Arabella alzandosi. — Non so perchè lei mi fa questo discorso ch’io non sono in grado di capire. Me ne ha dette abbastanza la mamma e vede che sono tornata.

— Io volevo dimostrarle che non è soltanto l’interesse che ci fa parlare... — soggiunse sottovoce il vecchio suocero. — Non voglio nemmeno che lei si consideri come una nostra schiava... Guardi. Consegno a lei questo mio credito, queste mie carte. Le faccia vedere a una persona pratica, di sua fiducia: ne discorra col suo padrino, colla sua mamma, con chi vuol lei, e faccia di queste carte quel che vuol lei, le stracci, le abbruci...

Arabella rifiutò di ricevere le tre o quattro cambiali, che il suocero ad ogni costo voleva farle accettare: e ciò finì coll’irritarlo. In preda a un tremito convulso, il vecchio aprì il cassetto del tavolino da lavoro, vi cacciò le carte dentro, richiuse con furia, rosso in viso, si alzò, cercò il cappello, e, inchinandosi in atto di licenziarsi, balbettò, mozzicando le parole:

— Faccia come crede, signora, e perdoni se non abbiamo saputo renderla felice.

— Senta, signor... — prese a dire Arabella, sve-