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— L’avverto che fin da stamattina ho ritirato la querela contro il Beretta. Il questore lo metterà in libertà oggi o domani. Vede che ho tenuto conto della raccomandazione... Verrà a ringraziarla.
— A ringraziar me?
— Sì, perchè deve soltanto a lei, se ho potuto dimenticare quel che ha fatto e quel che ha detto contro di me.
— La ringrazio... — rispose Arabella freddissimamente.
— E ora, mia cara, parliamo un poco degli affari nostri mentre siamo soli... — Tirò vicino una sedia e vi si pose, sedendo sullo spigolo, mentre essa, ritraendo un poco la testa nelle spalle, parve dire: — Sono qui. — Egli si tolse lentamente i guanti, li distese sui ginocchi, accomodandoli l’uno sull’altro come se cercasse di farli combaciare, e, mentre andava così stirandoli e carezzandoli, seguitò sottovoce, lentamente, parlando quasi a se stesso: — Senta, cara Arabella, io non sono qui per difendere Lorenzo: anzi... Non voglio nemmeno sapere quanto di vero ci sia in ciò che la gente racconta della scena di ieri sera. Non andrò a dare un titolo, il titolo che si merita, all’azione malvagia di certe persone, che hanno voluto sotto apparenza di zelo e di benevolenza avvelenare il suo cuore. Lei sa se io soffro meno di lei di questo stato di cose; lei sa tutti gli sforzi che ho fatto perchè Lorenzo lasciasse le vecchie abitudini: anzi la mia speranza nel dargli in moglie una donnina savia e giudiziosa fu appunto d’avere in lei un aiuto... non è così? Sfortunatamente una fila di sciagurate circostanze hanno guastato i nostri progetti. Un triste equivoco, un sinistro accidente,